(Revalve Records) Pulito e vibrante stile gothic metal questo “Archetype”, terzo album in studio per la band italiana Disbeliever. Uno stile che scivola con una sua grazia, con gli ovvi e tipici toni malinconici del genere e comunque costellati da punte melodiche aggraziate. Con un giro di arrangiamenti e soluzioni proprie e derivative, dai Paradise Lost forse ma in giro si odono anche cose alla Death SS, come per esempio nelle linee di “Our Own Behaviour” oppure “Screams”. Pur tuttavia i Diesbeliever sono meno oscuri rispetto a queste entità succitate. “Archetype” è un lavoro che serpeggia comunque tra ombre, toni decadenti e resta fedele ai dettami del genere. Il sound appare pulito e ben calibrato, riuscendo così a non macchiarsi di alcun elemento old style. Diego Chiocchetti ricama con la voce i pezzi, inserendovi dunque strofe e ritornelli che siano plasmati e aderenti ai percorsi sonori della musica. Un fare attraverso un cantato che risulti quanto meno variabile, sia nelle intonazioni quanto, in parte, nell’interpretazione dei testi. Si distingue la composizione “Retreat into Madness” perché è la più lunga dell’album, circa otto minuti e dove ogni frammento fa ripartire il pezzo con una nuova marcia sia melodica che nell’andatura. In questo pezzo e altrove si ode qualche tono prog ma senza troppe esagerazioni. Oltre cinquanta minuti la durata generale di “Archetype” e se qualche arrangiamento più deciso avrebbe potuto snellire alcune sue parti, resta inteso come dopo un paio di ascolti l’album diventa un sentimento, un’emozione, un qualcosa di proprio per l’ascoltatore. A ciò contribuisce anche qualche giro melodico delle chitarre, fraseggi e refrain ben piazzati nei brani che erompono e si fissano nella mente quanto nelle emozioni dell’ascoltatore.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10