(Skatbo Records) Il batterista svedese Daniel Strachal (ex Lobotomy) inventa una nuova creatura doom… e con lui ci sono il chitarrista e vocalist Victor Takala (ex Eyekon, e pure ex session live dei Katatonia) e il bassista Max Collin (Lobotomy, Blindfold). I riff qui sono pesanti, pesantissimi… graffiano dolorosamente sfiorando territori più marci, pur restando fedeli alle linee guida di bands come Candlemass o The Obsessed. La title track parte subito lenta ma epica, stimolante ma minacciosa… capace di divagare su un rock più tradizionale sempre in chiave doom, con la voce di Victor sempre possente e semplicemente perfetta per il genere. Doom e metal tradizionale fin dal titolo con “We’ve come for the Witch”, un brano perfetto per devastare lentamente ma profondamente ogni vertebra, ogni fibra che tiene il capo attaccato al martoriato collo. Più ricercata, in un certo senso atmosferica e progressiva “Forgotten One”, mentre “Breaking the Seal” torna marcatamente dentro ambiti di purezza sonora del genere, con riff pesantissimi, una batteria marziale e quel basso capace di smuovere il terreno. Scatenata “Circle of Blood”, si scende in basso, nel profondo verso oscuri abissi con “Spreading the Sounds of Doom”, prima dell’epilogo rappresentato dalle vibrazioni profonde di “Man in the Tower”, un brano ricco di cantato, sferzato da riff che sanno anche ricavarsi parentesi di ottima irregolarità, seguendo linee blues esaltate poi dal basso. Inutile provare a girarci attorno; “Bonegoat” è doom, è purissimo doom, un doom che non dimentica di essere figlio del rock, nipote del blues… e questo, alla fine dei conti è esattamente ciò che rende questo album un piacere assoluto!
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10