(Debemur Morti Productions) Finlandia, freddo, gelo, black metal e viking: i violenti Draugnim (complimenti per le foto promozionali) producono poco ma bene, e per quanto in attività dal 1999 danno oggi alle stampe il loro terzo full-“length”, dall’eloquente titolo “Vulturine”. “That Name is Hate” ha un avvio che più bathoryano non si può: al netto del growling di Chimedra, si aprono per alcuni minuti gli scenari solenni di “Nordland”. Solo arrivati al ritornello si aggiunge una componente più folk, vagamente alla Keep of Kalessin. È invece vicina al black d’atmosfera “As in Hunger, so in Demise”; drammatica anche “Grief unsung”, alla quale non esiterei ad attribuire caratteri gotici. Se “Drums of black Death” mantiene la stessa epica sofferta e oscura del primo brano, vicina a quella dei Kampfar, “Serpent Stone” va ancora oltre, rasentando il plagio di alcune cose di “Twilight of the Gods”. Sei brani nessuno dei quali va stotto i sei minuti: i Draugnim ci vanno pesanti, e guadagnano in pathos quello che perdono in originalità. Convincenti. E complimenti per l’inquietante copertina.
(René Urkus) Voto: 7,5/10