(Bottomless Pit / Gateway Music) Nuova doom band danese, ma tutt’altro che composta da ragazzini debuttanti, visto che qui dentro militano il chitarrista Andreas Cadaver (ex-Stone Cadaver), il vocalist Mikael Rise (Scamp), Dennis Larsen (ex-Olm) alla batteria, Pelle Santana alla chitarra solista e pure Leifur Nielsen (The World State, ex-Horned) al basso! E pure ‘in ufficio’ emergono nomi importanti, come il produttore Tue Madsen (Meshuggah, Heaven Shall Burn), e Branca Studio (High on Fire, Black Sabbath) per quanto riguarda il disegno della copertina. “Tower of the Severed Serpent” è un concentrato di morboso doom, di macilento sludge, sempre oscuro, lento, infinitamente pesante… una marcia inneggiante il totale declino attraverso lande fredde, senza vita, desolate, fin dentro i miasmi sulfurei di paludi dove ogni forma di vita si trasforma irreversibilmente in lenta decomposizione. Le linee vocali sono crudeli, graffianti, penetranti, mentre letali riff di chitarra down tune e bassi distorti avvelenano un’atmosfera ormai già irrespirabile, perfetto scenario per questa marcia verso inferi oscuri, dolorosa e senza speranza. La cosa favolosa di questi sei lunghi brani è che, nonostante l’infinita decadenza, riescono ad essere catchy, tanto che frequenti si rivelano i momenti nei quali è impossibile rimanere fermi, è proibito evitare un profondo e devoto headbanging. Apre tuonante e lacerante “The Tower”, per poi proseguire minacciosa, lenta come l’agonia, perversamente accentata da riff più marcati, sempre dominata da linee vocali concepite con meraviglioso superbo cinismo. C’è un rituale immondo che serpeggia sotto la potenza sonora di “Serpent God”, traccia in grado di ricavare parentesi teatrali tali da accentuare quel senso di paura, di ancestrale terrore. Abuso, malvagità e crudeltà con “Leech”, pezzo con un’evoluzione corale ed una favolosa ossessione ritmica priva di umanità… prima di abbandonarsi ad un epilogo surreale ed ipnotico. “Wormtongue” sa essere più melodica ed eterea, più atmosferica, più seducente, capace di incantare, ammaliare, trascinare dentro l’immensità del nulla assoluto. “Into the Crypt” guarda in direzione di generi estremi è più veloci, death e thrash in primis, senza dimenticare le regole base del doom, dello sludge, oltre a qualche sguardo anche in direzione Godflesh. In chiusura la strumentale ”Severed”, un epilogo espresso con tetra gloria per questi quaranta minuti che rendono prigionieri di un mondo alla fine, un mondo che collassa e si sgretola al ritmo di musica che annienta le speranze e che si auto celebra elevandosi a culto della totale decadenza.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10