(Season of Mist Underground Activists) Roman Saenko è ritornato in studio, non da solo, per un nuovo e undicesimo album come Drudkh. È bello che il musicista ucraino, di Kharkiv, abbia realizzato un nuovo lavoro. Chi scrive ha sempre ammirato quanto è stata capace di produrre la scena black metal ucraina negli anni. Più di tutto però rincuora sapere che arrivi da quel paese aggredito da un altro, anche qualcosa che quella guerra non può impedire! Saenko non è uno qualsiasi. Ha e avuto mani in pasta negli Hate Forest, Blood Of Kingu, Rattenfänger e altre realtà, creando del black metal sempre volitivo, diverso da cose precedenti e in definitiva con un suo marchio nel quale si ritrova da sempre un parco melodico che lascia vedere con gli occhi e il cuore l’antica storia di quelle terre dalle quali proviene. “All Belong to the Night” è un tipico album dei Drudkh, ciò vuol dire che le melodie sono serpeggianti e onnipresenti e si adagiano prendendo la forma di quel tappeto black metal che sospinge il tutto. Ritmiche andanti ma poderose, un guitarworking che sviluppa trame su trame. Atmosfere che si formano, aleggiano ovunque e prendono la scena, ospitando epiche lontane, tristi, a tratti misteriose ma sempre liricamente espressive. L’epica è prolissa, questo è un aspetto che ha spesso contraddistinto i lavori di Drudkh. “All Belong to the Night” si fonda su quattro pezzi che portano l’album a 45’ di durata, dunque questo aspetto è ben legato alla dilatazione della musica che resta un caposaldo per Saenko e soci. Spicca il testo di Antin Pavlyuk, “Антін Павлюк” cioè ‘novembre’ che alla forza e l’età della natura in quel momento dell’anno, si contrappone il romanticismo sofferente di un popolo, ora, aggredito che vuole anche ricordare i propri antenati che già loro stessi hanno dovuto unirsi e combattere. «Lotta e dolore ci formano come persone, mentre gli algoritmi dirigono la nostra attenzione collettiva altrove» dice Saenko. C’è anche un testo che ospita un poema di Yakiv Savchenko, “Le Vittime della Notte” e intitolato “Нічний” cioè ‘notturno’, incentrato sulla disperazione di un popolo vessato da secoli e infatti il poeta lo scrisse nel 1937 durante l’epopea stalinista. Perché poi i nomi cambiano, anche quelli dei regimi e in nome di un ideologia o magari di un libro, però le vittime restano sempre le stesse, le persone. I popoli. “Поки зникнем у млі”, ‘fino a quando non sei ancora pronto a guardare’, supera i 15’ e offre diversi momenti d’impatto, nonostante la fiumana di soluzioni, melodie e parti strumentali che si susseguano, emerge però quella sensazione di fondo di una sensibile prolissità. Questo è l’unico appunto che si possa fare a Drudkh, una realtà musicale che comunque riesce sempre a proporre della buona musica.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10