(Dark Essence Records) Sempre più giù. Nei tempi lenti e laceranti. Nelle frequenze, così basse che penetrano nella carne. E con linee vocali tetre, graffianti, devastanti, disperate. È la disperazione l’elemento dominante, una disperazione che si erge sopra una infinta e pessimistica malinconia. Il debutto dei norvegesi Dwaal assorbe anima e corpo, fa sprofondare verso abissi privi di aria respirabile, lacerando, torturando, colpendo con implacabile durezza. Doom, che sfiora i primi Paradise Lost, e quindi anche con una suprema dimensione atmosferica trasudante sofferenza, gocciolante sangue, senza dimenticare comunque divagazioni senza meta in più moderni territori post rock. Si alternano momenti ricchi di delicatezza inquietante ad altri pesantissimi, quasi violenti, ruvidi, aspri. Sulfurei. “Ascent” apre con atmosfere oscure e funeree, esaltate da cori dal sapore spirituale, ma già la successiva “Like Rats”, dopo un primo momento intimo s’abbandona a sonorità più tuonanti, dando vita ad un funeral doom egregio, malato, venerante la depressione più devastante. Linee vocali più di matrice black ed accordi lenti e lunghissimi aprono la corposa title track, la quale poi evolve in aree marcatamente post rock, evidenziando tecnica e fantasia compositiva, anche se sempre in un contesto privo di luce; un crescendo tuonante abbraccia ancora una volta sonorità abrasive, sferzate da melodie suggestive, alternate da parentesi dark jazz atmosferico, ritornando sul crescendo, verso uno stato caotico asfissiante, quasi noise, prima di un ritorno definitivo a sonorità lugubri. “Obsidian Heart Burns”, un altro brano di ampia durata, abbraccia un provocante post rock psicologico, prima di riversare l’ascoltatore su un death/doom crudele, con tempi dispari, ancora una volta con una alternanza di stili che sembrano essere un dondolio malefico ed ipnotico prima della caduta finale verso il nulla esistenziale. Intensa e destabilizzante “The Whispering One”, prima della monumentale conclusiva “Descent“, che nei sui sedici minuti abbondanti (la traccia più lunga dell’album) tortura l’ascoltatore, sfidandolo in equilibrio tra vita e morte, coscienza e pazzia, risurrezione e discesa eterna verso le fiamme degli inferi. Tenebrosi. Intelligenti. Perversi. Capaci di regalare armonia con una mano per poi infierire e violentare con l’altra. Oscurità intesa come totale mancanza di luce e speranza, sia fuori che dentro la mente umana. Un’oscurità che assorbe dall’esterno e che cresce a dismisura dall’interno. Anime dannate che, ormai senza più un domani, piangono lacrime acide accovacciandosi, sminuendosi. Annullandosi.
(Luca Zakk) Voto: 8/10