(Asylum Ruins Records) Il discorso portato avanti da Eclectika credo sia ambizioso e allo stesso tempo genuino. Il nuovo album “Lure of Ephemeral Beauty” segue il solco della sperimentazione, ottenuta attraverso la fusione e contaminazione di alcuni stili. La componente metal viene espressa attraverso un approssimativo post black metal molto acerbo, in un certo senso privo di una direzione ben definita e su di esso vengono montati un cantato in scream e filtrato, oltre alla performance di una mezzo soprano e di un’altra cantante aggiuntava. Il risultato non è solo quello di un black metal annacquato dalle tendenze sperimentali, ma anche da toni classicistici, per via delle voci, oltre che dark, psichedelici e addirittura space rock/metal. Non è tuttavia un polpettone, non è pretenzioso, nonostante arrivi a quasi un’ora di musica e forse per metà dell’album le dinamiche del songwriting sembrano ripetersi. Ci sono comunque spunti interessanti anche in quella prima fase, buona parte dei pezzi superano i 6’ e per tanto occorre avere pazienza nell’ascolto. Entra in scena anche del dark ambient, “Trauma 835” e addirittura c’è l’eco degli Hawkwind di questi anni in “Sweet Melancholia”, in particolare però nell’acustica che fraseggia e nei synth, perché la voce celestiale ed operistica che si esibisce eleva la canzone a qualcosa di bello e senza poi troppi rimandi. In tema di celestialità va segnalata “Aokingahara”, 10’ di ambient-rock che potrebbe sembrare qualcosa di Klaus Schulze (o i Pink Floyd, nella sua sezione centrale), tanto è cosmica e sublime questa composizione. Il limite di Sébastien Regnier, titolare dal 2001 del progetto, è quello di aver creato una prima parte della scaletta con il già denunciato limite di un senso di ripetitività, il quale credo si manifesti per il fatto che troppe volte chitarre, basso e batteria viaggiano doppiandosi tra loro. Avete presente quel genere di passaggi dove sembra che tutti i musicisti stiano facendo la stessa cosa? Sébastien è comunque autore di tutti gli strumenti e si presta anche a buone aperture soliste che arricchiscono i brani. La registrazione non sembra patinata, forse servirebbe per un lavoro di così ampio respiro compositivo, ma proprio quel discorso sulla genuinità concede una sonorità diversa ai pezzi ed enfatizzando il versante black metal quando questi prende la scena. Mi spiace scriverlo, ma “Lure Failure of Ephemeral Beauty” è un capolavoro mancato , ha qualcosa di non definitivamente maturo, eppure non è un album che deve passare inosservato. Le canzoni impongono architetture ampie, fondono soluzioni e sonorità, aprono a virtuosismi. C’è ambizione, l’ho scritto, c’è convinzione della propria arte e Sébastien ha voglia di comunicarla a chi ama avventurarsi in discorsi musicali non comuni. In fin dei conti questo è un album che va vissuto.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10