(AFM Records) L’undicesimo album degli Edenbrige subisce uno slittamento nella data di pubblicazione, dal 26 agosto al 16 settembre. La band austriaca capitanata dal chitarrista, poli-strumentista, autore ed anche produttore dell’album nonché dalla cantante Sabine Edelsbacher. si manifesta nella sua tipica identità di stile con “Shangri-La”. La ricerca e sviluppo delle melodie, piatto forte degli austriaci, avviene tra intrecci metal, power, melodic e heavy, che hanno anche, oggi più che in passato, un carattere prog in diversi casi e un tessuto orchestrale visionario e spesso maestoso. Di “Shangri-La” si apprezzano alcuni momenti rock che emergono in una cerchia ben definita di canzoni. L’album però non risulta da subito efficace, anzi al primo ascolto si avverte che si dovrà ripassare più volte per la tracklist e assimilarne i suoi meccanismi e principi di stile. Gli Edenbridge si palesano con soluzioni ormai rodate e, a questo punto, anche abusate. Certi ritornelli di Sabine sono ormai uno standard, come il passaggio su tonalità alte e poi più basse. “The Call Of Eden” arriva a otto minuti e con “The Bonding (Pt. 2)” di oltre sedici minuti e con la partecipazione vocale di Erik Martensson (Eclipse e W.T.E.), sono i momenti più vasti tra le canzoni che formano “Shangri-La”. Sono due suite con momenti importanti e forse solo la prima appare completa e arrangiata in maniera snella. “Savage Land” è una canzone dalle luci soffuse, solo voce, synth, chitarra acustica e una coda finale con influssi folk. “Somewhere Else But Here” è uno standard degli Edenbridge: riff svelto, strofa modulata e poi ritornello che esplode in maniera melodicamente dolce ed epica. Posti alcuni pezzi che si attestano tra soluzioni symphonic metal e il rock, come “The Road To Shangri-La” o la parte centrale di “The Bonding (Pt. 2)”, o sfrenatamente metal, come “Hall Of Shame”, è la ballad “Arcadia (The Great Escape)” a manifestare un senso riuscito del tutto. Se da una parte certe melodie e soprattutto nei ritornelli si avverte un ‘già sentito’, come quello di “Freedom Is A Roof Made Of Stars”, Dominik Sebastian, chitarrista solista, non sbaglia un solo assolo e considerando svariati arrangiamenti sparsi di Lanvall, si può capire come qualcosa di slegato nell’album vi sia. Gli Edenbridge sono sempre melodicamente concreti e questa volta, come già scritto, è percepibile un aumento del tasso prog all’insieme. Dunque l’album più vario fino ad oggi ma in esso gli Edenbridge sono, e non è la prima volta, prigionieri di una produzione fredda, mentre il songwriting a volte eccede invece si sottrarre.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10