(Autoproduzione) In una giornata dove la mia mente è clinicamente defunta, dove nemmeno dosi massicce di anfetamine sembrerebbero destarmi, decido di dedicarmi all’EP degli Italiani (Milano) Ekpyrosis. Quattro tracce, meno di venti minuti… il giusto livello di impegno che la mia condizione catatonica è in grado di supportare. Ma non sono nemmeno ad un quarto della opener “Sepulchral” e mi trovo i muscoli del corpo contratti, le pulsazioni su linea rossa, i neuroni in piena crisi di astinenza che assumono a poderose dosi i riff letali che violentano le casse dello stereo. Era da molto che non sentivo musica dichiarata “death e black metal” così marcatamente ben amalgamata… e l’esaltazione diventa sempre più allucinata man mano che scorrono i minuti, che sento le varie tracce. Violenti, spietati… con un gusto melodico immenso, una capacità tecnica perfetta per cerare riff massacranti, ritmiche sconvolgenti, mentre la voce dei cantanti (uno scream, uno growl) riesce ad esaltare il delicato equilibrio tra black e death… offrendo una cattiveria ed un impatto decisamente death, con una perversione ed una oscurità fedeli al black. “Sepulchral” non risparmia nessuno con il suo up tempo massacrante, ma propone assoli puliti ed estremamente coinvolgenti, con una parte cadenzata ricca di quel subdolo amore verso tutto ciò che è maligno, malsano, infernale. “Pulvis et Umbra” offre riffs e melodie che ricordano i mitici Death, ma con una spietata fusione nell’inospitale ma stupendo territorio dei blast beats… regalando un groove che gli ascoltatori più attenti potranno percepire come ispirato agli Immortal (ma qui con velocità molto più estreme). “Paradise Lost” è tirata, velocità prettamente black old school, con fantasia e progressione dannatamente death, specialmente nell’inserimento degli assoli che sono un concetto creato per torturare la chitarra, le corde, gli amplificatori. La conclusiva “Omnia Mors Aequat” esalta una cattiveria vocale che è già molto evidente nella traccia precedente, spingendola verso certi limiti che vengono assaltati, sfondati, brillantemente superati. La canzone è abbastanza lineare e cadenzata nella sua velocità, ma offre piccole idee nei riff, nelle ritmiche, nell’esaltazione della chitarra che si rivelano di grandissimo valore. Verso la fine un mostruoso rallentamento offre spazio alla voce di raggiungere livelli mortali per poi tornare a ritmiche sostenute dove il lato black della band torna ad essere dominante. In contro tendenza, considerato il genere, il modo di proporsi del quartetto: nessun nome d’arte ispirato a demoni, nessun face painting, nessun costume scenico, un logo decisamente old style. Quattro musicisti (tre ragazzi ed una ragazza, la batterista), tutti sotto i vent’anni di età, con una passione sincera, capaci di far parlare in modo completo ed esauriente l’unica cosa che conta: la musica che creano. Quei venti minuti sono diventati due ore, in quanto non sono riuscito a smettere di torturare la mia psiche con l’infetta proposta di questa band, e mi sono concesso il piacere di ascolti consecutivi multipli. Una band nuovissima, formatasi l’anno scorso, che offre una nuova interpretazione personale (nonostante le varie influenze dichiarate e percepibili, tra queste: Mayhem, Morbid Angel, Kreator e Immolation) di quel mix tra i due generi estremi che spesso viene anche denominato blackned-death metal. Nel caso degli Ekpyrosis non è veramente presente un genere dominante con quei massicci inserti dell’altro: nel caso degli Ekpyrosis è tutto un costante pericoloso bilanciamento tra estremità letali, una zona instabile di energia, violenza e malvagità, una linea di demarcazione che taglia l’immondo dall’innominabile creando una dimensione nervosa e velenosa, oltre la quale può esistere solo la fine.
(Luca Zakk) Voto: 8/10