(AFM Records) Dopo l’esperimento acustico, “The Acoustic”, il sound fatto di thrash-crossover degli ungheresi Ektomorf ritorna. Il punto è che questo sound sempre più articolato e sfumato nelle sue strutture pare non avere più una direzione precisa. Nell’ascoltare “Black Flag” si resta sfiancati già all’altezza di “The Cross”, la terza traccia, nel non riuscire a fissare qualcosa di veramente memorabile, tra la selva di breakdown, riff rovinosi, ritmi battenti, scorci vocali tra il rap e il growling. Se poi le cose che sembrano essere più gradevoli si rifanno sempre alla dimensione di Max Cavalera, e quindi Sepultura e Soulfly, ma anche a Phil Anselmo, quindi i Pantera, ecco che “Black Flag” diventa un lavoro segnato, prima ancora di giungere alla fine delle sue 14 canzoni. Decisamente troppe! I suoni sono granitici, ma ormai al giorno d’oggi nel 90% dei casi è così. Salvo affidarsi ad un pazzo o ad uno sprovveduto, la resa audio è sempre impressionante. E’ curioso tuttavia notare come attorno a questa band si siano catalizzate da tempo una selva di polemiche e giudizi negativi. Personalmente il limite che sento nella musica degli ungheresi è la mancanza di infondere alle canzoni un tocco personale e di progresso nel sound. La cosa dimostra da parte di Zoltán Farkas & Co. scarsa intelligenza o la voglia accollarsi delle responsabilità. In fin dei conti hanno realizzato undici album e qualcosa di proprio avranno pur dovuto svilupparlo. Dispiace proprio questo, Ricapitoliamo: un sound il quale più che essere dinamico è un minestrone, il sospetto che ci siano un po’ di filler a rimpolpare la scaletta, la mancanza di novità nello stile e nelle idee, fanno di questo lavoro un qualcosa di veramente superfluo per un abituale ascoltatore di musica metal.
(Alberto Vitale) Voto: 5/10