(Scarlet Records) Leggerete questa mia ‘arringa’ qualche giorno dopo l’uscita di “Innervoid”… per il semplice fatto che io stesso l’ho scritta intenzionalmente dopo la pubblicazione dell’album. In verità non mi era chiaro se era opportuno lasciarmi andare con opinioni e punti di vista, considerando il momento delicato della band ed il fatto che annovero tra i miei contatti personali alcuni membri della band attuali o… passati. È un po’ come quando sei amico di una coppia che finisce per divorziare: tu sei amico di entrambi… come cazzo ti comporti? Bella domanda. “Innervoid” è il primo disco senza Terence Holler, il primo disco nel quale non esiste quella coppia vincente composta dall’introspettivo axe man Eugene Simone e dall’esplosivo Terence… ovvero il nucleo della band dalla fondazione oltre trent’anni fa fino all’anno scorso, quando Terence e la band presero strade diverse. Certo da un po’ è tornato ed è ancora nella band il tastierista storico Oleg Smirnoff, mentre il potente chitarrista Rudj Ginanneschi e il batterista Raffahell Dridge sono ormai elementi stabili da oltre un decennio… ma io provo comunque a dare voce al quesito che tortura tutti i fans storici del gruppo toscano: questi sono ancora gli Eldritch? Un’altra bella domanda… diavolo, avrei idee più chiare in merito al come comportarmi con la coppia del divorzio nell’esempio di cui sopra. La storia della musica ci porta vari esempi: ci sono bands che non sono veramente andate da nessuna parte senza l’iconico vocalist originale, tanto da finire con il riportarlo dentro la line up (con storie molto diverse è successo a Mötley Crüe, a Black Sabbath, a Iron Maiden…). Certo, ci sono anche bands che hanno avuto successo pure con il nuovo vocalist, ma quando un gruppo vanta già lo status di icona, quando una band è in giro da decenni, con un curriculum di concerti e un seguito in tutto il mondo, il cambio del frontman è traumatico, porta sempre e comunque ad una scissione, almeno per quanto riguarda l’opinione del pubblico, ovvero ‘i clienti di quella azienda chiamata band’. C’è sempre il pubblico che saprà apprezzare il nuovo… poi ci saranno sempre gli irriducibili che negheranno qualsivoglia nuova strada presa da una band che pretende di mantenere lo stesso nome anche quando vengono a mancare elementi fondamentali come la voce che entra in quel microfono. Un chitarrista lo puoi sostituire e il nuovo può suonare esattamente come il vecchio… ma il vocalist? Quello che ha urlato nel microfono quelle parole che ognuno di noi ha poi cantato in doccia, in auto o a squarciagola durante i concerti? In questi casi estremi, quando un elemento fondamentale esce dalla formazione, io mi trovo in una condizione duale: molto aperto alla novità… ma anche d’accordo con quelli che suggeriscono il cambio del moniker; perché gli Eldritch con Alex Jarusso non sono assolutamente gli Eldritch di prima… punto e basta. Tuttavia, esiste anche un’altra regola non scritta, spesso molto evidente nell’ambito delle rock bands, come il buon Zio Lemmy ha confermato più volte: si chiama ‘new blood’. Quando arriva del nuovo sangue, del sangue fresco, riparte la creatività, si scatena una nuova energia e “Innervoid”, il nuovo album di quelli che preferisco chiamare nuovi-Eldritch si scatena possente, va a 300 all’ora dentro il tunnel psichedelico del prog metal, del prog metal più spinto, più pesante, quello che pretende un vocalist che sappia gridarti in faccia piuttosto che sussurrarti all’orecchio. Brani potenti, arrangiamenti ricercati, aperture moderne (“From The Scars” lo reputo un bellissimo esempio), progressioni ricche di senso tragico (“Black Bedlam”), una aggressività equilibrata e molto pungente (“Born on Cold Ash”), senza dimenticare quelle parentesi di virtuosismo estremo come emergono in capitoli quali la pesante e conclusiva “Forgotten Disciple”. Un album potente, aggressivo, brillante, gustoso e per certi tratti anche diretto ed istintivamente catchy. Un album di una ‘nuova’ band assolutamente da non perdere. Un’ultima cosa: senza dover per forza parlare delle ragioni che hanno portato alla nota scissione, a dire il vero ritengo non siano cazzi miei, non siano cazzi vostri, insomma non sono cazzi nostri, vorrei evidenziare, mettere l’accento sull’intelligenza di Eugene & co: non sono andati a cercare un vocalist noto, un nome grosso che avrebbe lubrificato in modo esagerato la macchina pubblicitaria; hanno preferito dare spazio ad un nome meno famoso, meno iconico… offrendo un’opportunità ad un talento, il quale, in cambio, ha dato il massimo, con una performance granitica, schietta, convincente… una performance che, per le ragioni sopra esposte, mi rifiuto e mi rifiuterò sempre di confrontare con quella del precedente singer. Quindi? C’è davvero quel ‘vuoto interiore’? I nuovi-Eldritch sembra l’abbiano colmato… speriamo faccia lo stesso anche l’ex illustre membro: c’era tanto -troppo- talento racchiuso e compresso dentro le file della vecchia band… sarebbe un peccato che strade diverse finissero per disperderlo nel vento della discordia.
(Luca Zakk) Voto: 9/10