(Scarlet Records) Terence Holler è un artista integro, ma molto diviso. Diviso dentro se stesso. Nel suo io. È il front man di una band italiana che arriva al decimo album, ma è nato negli USA, dove gli Eldritch hanno -tra l’altro- molto successo. E forse ne avrebbero di più se fossero stranieri. USA-Italia. Una divisione importante, un oceano di cultura nel mezzo, differenze importanti per le opportunità degli artisti, per il rispetto degli artisti, per lo spazio offerto agli artisti. Ma Terence vive in Italia e vivono in Italia anche gli altri quattro, compreso Eugene Simone (che qui suona anche le tastiere), la mente creativa di tutte le contorte melodie proposte in tantissimi anni di attività. Certo, non essere più dei ragazzini, avere impegni famigliari, dover fare anche dell’altro in quanto in Italia non si vive di sola musica appartenente all’ambito metal, deve far incazzare non poco Terence & co. Rabbia. Negatività. Un concentrato di furia e ribellione che è forse il significato di questi “problemi sottostanti”, i quali sono normalmente nascosti da un velo, da una apparenza normale… però ci sono, sono lì, esistono, crescono, si intensificano. E si riversano nella violenza di un album eccezionale come “Underlying Issues”! Non solo gli Eldritch suonano ancora dannatamente Eldritch (lo feci notare anche quando uscì il precedente lavoro), ma con questa release tornano a quella sincera furia, a quel sentimento ribelle delle origini, quello che offre (o offriva?) la scintilla a moltissimi act metal agli esordi. Quella rabbia, quella ribellione, quel rifiuto diventa musica, diventa un band, diventa album. C’è però una importante differenza, che è quasi una dannazione: molte di quelle scintille si disperdono, forse accendono una fiammella che poi si estingue nell’anonimato. Altre scintille accendono un fuocherello, creano tepore, calore, un fuoco che continua ad essere alimentato prima di esaurirsi con poche braci morenti e cadere nell’oblio. Poi ci sono gli incendi, quelli fuori controllo, quelli che divorano ettari di terreno, che fanno una strage e che continuano a bruciare senza interruzione. E poi ci sono gli Eldritch. Rigorosamente in quest’ordine. “Underlying Issues” offre la solita tecnica di altissimo livello, le solite melodie immense fatte di assoli contorti e tastiere epiche, le solite ritmiche spacca ossa. Ci sono addirittura ricami e dettagli intensi, virtuosi, complessi. Anche le linee di basso sono fantastiche. Ci sono le solite canzoni degli Eldritch, ricche, immense, contorte. Le solite lyrics piene di sentimento. Quindi, dov’è la novità? Cosa differenzia questo disco dagli altri nove? Semplice: la cattiveria intrinseca che infesta genialmente ogni singolo secondo di questi cinquanta sei minuti di musica, nell’atmosfera aggressiva che aleggia anche nei momenti più intensi o intimi, nella sensazione di oscurità che permane in tutte le undici tracce. “Changing Blood” è una furia scatenata: ritorno alle origini, all’epoca dove il prog reso heavy da bands come Eldritch e Symphony X era devastante. Riff graffianti, divagazioni che arrivano all’industriale, un groove irresistibile. Ma è solo l’inizio: “Danger Zone” è energia pulsante che scuote, smuove, tormenta. Territori inospitali si aprono con “Broken”, una canzone epica con un ritornello che unisce la dolcezza della melodia vocale con riffing crudeli, i quali diventano pesantissimi su “All And More”, un pezzo dove Terence raggiunge un’espressività superlativa mentre la band continua a devastare, lacerare, mietere, un lavoro distruttivo che non manca nemmeno su “The Face I Wear”, pezzo che offre anche una parentesi più armoniosa con un refrain da cantare in coro. “To The Moon And Back” è fantastica ed offre un assolo che è pura magia, “Bringer Of Hate” è quasi cruda e sembra uscita proprio dai primi dischi della band. Cattiva “The Light”, intensa “Before I Die”… e assolutamente violenta la conclusiva “Slowmotion K Us”: a tratti quasi non sembrano loro: questo è speed metal allo stato puro, sapientemente incrociato con il carisma melodico tipico degli Eldritch. Ancora una volta un disco fresco, nuovo, non una rivisitazione commerciale dello stile che ha reso famosa la band nel passato (trend che sembra essere molto attuale specialmente tra i pezzi grossi…). Tutto sincero, tutto reale, tutto emozionale. E fare un disco del genere, nelle condizioni avverse della scena, raggiungendo un livello tecnico, qualitativo ed artistico così alto dopo 25 anni di carriera non è una stronzata. Non è dato per scontato. Non è per tutti. Non è da tutti.
(Luca Zakk) Voto: 10/10