(Nuclear Blast/Audioglobe) Recensire l’ultima fatica degli Eluveitie è cosa molto complessa per chi, come il sottoscritto, ha amato alla follia i primi due album “Spirit” e “Slania”, è rimasto profondamente deluso dal disco acustico “The arcane Dominion” e ha trovato infine molto incerto il ritorno al passato rappresentato da “Everything remains as it never was”. A molti è sembrato che lo spettacolare death/power/folk degli svizzeri abbia prematuramente concluso la propria parabola, finendo per ripiegarsi subito su sé stesso senza sapersi rinnovare; ad altri la band sembra ancora vitale e in grado di offrire altre prove al livello di quelle iniziali. Chi ha ragione? La risposta a questo dilemma è nei solchi ottici di “Helvetios”, il quinto full-“length” di una discografia che si è pure troppo presto arricchita (ma ormai capita a tutti gli artisti sotto contratto per la Nuclear Blast) di live, singoli e prodotti non indispensabili. Ci troviamo di fronte a un concept che narra le gesta dei Galli dagli inizi liberi e selvaggi alla morte di Vercingetorige: qualcosa, quindi, di classicamente pagan. Dopo una intro parlata, la titletrack si presenta decisamente in linea con le passate produzioni, presentando tutte le caratteristiche classiche del sound: la sezione ritmica serrata e fondata sul continuo ‘fermarsi’ delle chitarre e del basso, a dare a tutti i brani un aspetto marziale; lo screaming arcigno di Chrigel Glanzmann; le parti cantate in antico gaelico; l’utilizzo della ghironda e di altri strumenti tradizionali. Buon segno? “Luxtos” ha un’anima molto più folkloristica, che si esprime sia nel refrain che nei cori genuinamente ancestrali. Nella stessa linea si inserisce “Santonian Shores”, mostrandoci che la band esprime il meglio di sé quando dà libero sfogo alla propria creatività pagana e non più (come in passato) quando si dedica al proprio lato estremo. Infatti “Scorched Earth” è un affranto, struggente e bellissimo lamento primordiale sulla rovina della natura a causa della crudeltà umana, mentre “Meet the Enemy”, il violento singolo, non ci fa sentire nulla che non fosse già in “Slania”, e “The Siege” è una scheggia troppo rapida per fissarsi nella memoria. Malriuscita “Neverland”, con una linea vocale che per nulla si adatta alla musica, e non brutta ma fuori schema, perché troppo easy listening, la pur gradevole “A Rose for Epona”, che per capirci fa pensare agli attuali Within Temptation. La seconda parte della tracklist è più veloce della prima, dato che la durata media dei brani si abbassa pericolosamente: “Havoc” ha un velocissimo violino che sa di Irlanda più che di Gallia, “Hope” ha un giro praticamente identico a quello di “Giamonios” (parliamo sempre di “Slania”). “Alesia”, brano che porta il nome della città dove avvenne la definitiva sconfitta dei Galli, ha un bel coro ma niente di più; e con la discreta “Uxellodunon” siamo arrivati alla fine del disco. Tirando le somme: sono certo che molti giureranno il contrario, ma non mi sembra che gli Eluveitie siano usciti dalle secche post-“Slania”. “Helvetios” è un disco nel complesso più che sufficiente, ma gli sprazzi creativi sono sempre più limitati. Temo che i nostri faranno la fine di tutti i grandi del metal che hanno inventato qualcosa di veramente innovativo e particolare, ma poi non sono riusciti a gestirlo.
(Renato de Filippis) Voto: 6,5/10