(MIG Records) Nati nel 1969 a Dortmund, in Germania, grazie a un inglese, uno scozzese e un tedesco, gli Epitaph mossero i primi passi attraverso la Polydor e una serie di esibizioni di spalla a tanti nomi celebri del tempo (e della storia del rock), avvicinandosi sempre di più a un rock pesante e coronando un ottimo successo attraverso la pubblicazione dell’album “Outside the Law”. Si parla di una carriera che tocca i 40 anni, di persone, musicisti, stagionati ma abili e che hanno attraversato epoche. “Fire from the Soul” è il nuovo album che vede gli interventi di ospiti come il brillante Tim Reese, Klaus Henatsch (dei Nektar), Agnes Hapsari e Pete Sage (Santiano), i quali entrano nelle canzoni dei titolari Cliff Jackson (voce e chitarra), Bernd Kolbe (basso e voce), Heinz Glass (chitarra) e Jim McGillivray (batteria). Il possente rock che nasce da una matrice seventies e dagli innesti heavy e hard, in alcuni momenti anche southern, riceve il miglior smalto possibile attraverso l’eccelsa qualità di una band ancora capace di dire tanto. Facile parlare in toni di stima ed entusiasmo per la title track, la quale in quasi nove minuti sforna una poderosa epica progressiva, attraverso riff vibranti, maestosi e possenti. L’album presenta però una buona serie di pezzi che esaltano appunto un riffing tonico che a tratti ricorda i Deep Purple degli anni ’80 e c’è anche qualcosa dell’AOR ad esempio, come in “Spark to Start a Fire”. Meriti anche alla solida e fresca base ritmica, scandita e chiara, ritmata e solenne nel prodursi come ossatura delle canzoni. Notevole anche il blocco e l’omogeneità delle tastiere e di altri elementi che esprimono fraseggi di un certo interesse. Un rock marcatamente classico, un hard rock nobile e fiero che pronuncia melodie immediate, tali e possibili per uno stile personale, un tocco smisurato che sopravvive dopo 40 anni di carriera e una capacità di scrittura che mette a segno suoni, gusti, intenzioni e stile. Circoscrivere questo “Fire from the Soul” a un paradiso per i soli e vecchi rocker è ingiusto. L’album è un paradiso e tutti vorremmo andarci, in paradiso.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10