(Cyclone Empire) Dietro questa meravigliosa copertina si nasconde il quarto album degli svedesi Ereb Altor: per fortuna, oserei dire, gli svedesi hanno fatto marcia indietro rispetto a quanto ascoltato su “Gastrike” (le mie lamentele QUI), e tornano quindi al viking/doom asfissiante degli esordi. Subito la titletrack: dieci minuti o quasi di epicità bathoryana, ma quello che non funziona del tutto (ed è così dal primo album, almeno per quel che mi riguarda) è la voce strascicata di Ragnar, peraltro ottimo polistrumentista. “The Chosen Ones” ci offre passaggi black niente male, ma in generale l’impianto è di un doom soffocante e monolitico, tendente a una disperazione senza sbocchi. Dopo un dolce inizio acustico, “My Ravens” diventa quasi ossessiva; “Sacrifice” è quasi un massacro, otto minuti con squarci di rabbia musicale in un oceano di suoni puramente viking distanti e freddi. “Post Ragnarök” è una sfuriata pienamente black prima della conclusiva “Our Legacy”, un pezzo a suo modo malinconico, cosparso di gelido ghiaccio come tutti gli altri della tracklist. Sarò un nostalgico di certo sound, ma “Fire meets Ice” mi sembra un ottimo passo indietro!
(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10