(Solitude Prod.) Monicker e titolo del disco in latino, copertina che raffigura bene o male statue e monumenti, foto set in una chiesa diroccata… sì, i cechi Et Moriemur (che significa niente più e niente meno che ‘E moriremo’) danno alle stampe il loro secondo disco sotto l’egida del funeral doom (o, come dice la band sul proprio sito internet, ‘existential doom’). E a parte qualche minima incertezza da parte del singer Zdeněk Nevělík, direi che i nostri hanno fatto davvero un ottimo lavoro… Ora, saranno certamente i miei ascolti abituali a fuorviarmi, ma la opener “Sea of Trees” mi dà l’impressione di un pezzo doom scritto da Bathory! Oltre a una melodia sinceramente epica, nel finale compaiono anche dei cori stentorei… “Dissolving” cita addirittura Leopardi; è infatti una caratteristica della band quella di utilizzare nei testi più linguaggi, dall’inglese al ceco passando per il tedesco, il francese, l’italiano e perfino il giapponese! Pezzo gotico e sofferto “Nowergian Mist”, che finisce per avere dei toni molto intimisti e rarefatti; mirabile il testo di “Nihil”, che punta il dito contro la tracotanza folle dell’essere umano, che si crede il signore del creato, ma sta soltanto correndo verso la propria autodistruzione. I 16 minuti e 30 secondi di “Black Mountain” sono l’essenza della rarefazione sonora: la parte cantata termina ben presto, e lascia il posto a una lunghissima sezione strumentale dove è il violino a farla da padrone. L’algida “Below”, che con i suoi due minuti chiude la scaletta, racconta un suicidio con grande semplicità e distacco. Se amate queste sonorità estreme, fra Isole e Saturnus, i cechi sono il vostro outsider.
(René Urkus) Voto: 8/10