(earMUSIC) Rock maturo, adulto, completo, avvolgente, energico. Musica intelligente creata da musicisti esperti per un pubblico esigente. Gli Europe dominano. Scene, chart, mercati. Lo fanno in quanto consapevoli delle proprie potenzialità, animati da una sincera voglia di suonare buona musica. Quarto album dalla reunion, la formazione mitica (quella di “The Final Countdown”, famoso album multi platino), reunion che, se per alcuni puzzava di commerciale, ora profuma di creatività, maturità stilistica, e voglia di suonare sui palchi di tutto il mondo, esattamente come alle origini. Fin da “Secret Society” questi ragazzi si sono creati una nuova dimensione, un proprio rock, una propria ubicazione sulla scena, che accontenta fans vecchi e nuovi. Dal vivo sono un’inesauribile fonte di energia, sanno creare uno spettacolo immenso ed offrono un ventaglio di pezzi ampio, che spazia dalle origini all’odierno, sempre con esecuzioni impeccabili, una presenza on-stage totale ed un coinvolgimento del pubblico eccellente (parlo per esperienza personale). “Bag of Bones”, un po’ come suggerisce il titolo, sembra l’esperienza di una vita passata sui palchi ed in studio, raccolta, rielaborata con malinconia, uno sguardo alle spalle, una contemplazione del presente, il tutto espresso in chiave musicale. L’album offre una maestosa performance vocale di Joey Tempest: un cantante potentissimo, che riesce a rendere viva ogni singola sillaba che dirige contro il microfono. Un artista immenso, un cantante che sa dare emozioni, brividi lungo la spina dorsale. John Norum è un chitarrista con una coscienza blues, ed una vita rock. I suoi riff sono potenti, carichi, e la produzione (a cura di Kevin Shirley, già con Iron Maiden, Dream Theater, Aerosmith e tanti altri) del disco esalta queste sue qualità. Mic Michaeli si dimostra un tastierista che sa arricchire le canzoni, senza mai porsi dominante. Anzi, gli Europe non presentano alcuna figura dominante, non c’è un vero leader, è la musica d’insieme a dominare, e questo rappresenta un vantaggio immenso ai fini delle sensazioni che offrono all’ascoltatore. La sessione ritmica di John Leven e Ian Haugland è totale, un cuore che batte con perfezione chirurgica. Undici pezzi, tutti potenziali singoli, compongono questo nono album della band svedese. Un album nostalgico, malinconico. Sensazioni blues iniettate in giusta dose, specialmente nei bellissimi testi. “Riches to Rags” apre con potenza ed energia. “Not Supposed to Sing the Blues” è un pezzo dove Tempest si esibisce con forza ed espressività, così come “Firebox”, con una chitarra molto heavy, ed un ritornello da urlare a casa, in salotto, in auto, al concerto. La title track è un capolavoro. Spazia da un blues southern ad un potente hard rock. Un capolavoro anche a livello vocale, una canzone scritta per l’innata capacità di Joey di far esattamente ciò che vuole con delle parole sparse su un pentagramma. “My Woman My Friend” è una power ballad struggente, con un testo bellissimo, dove l’intera band riesce a trasmettere la sofferenza di un amore, di un perdono, di un’immensa nostalgia. “Doghouse” rapisce con le sue tastiere ed i suoi riff molto rock. Ritmo poderoso su “Mercy You Mercy Me”, forse la canzone più heavy del disco. Un album stupendo. Il ritorno di un gruppo di artisti, che non ci ha mai abbandonato, che non si è fatto digerire dagli eccessi e dagli oblii degli anni ‘80. Un gruppo che da 33 anni inventa la musica giusta per l’epoca giusta, senza mai tradire le radici, lo stile, il marchio di fabbrica.
(Luca Zakk) Voto: 9/10