(UDR) Decimo capitolo di una band immensa, poderosa, unica. Fedeli al se stessi, forse l’unica band che nonostante il successo planetario ottenuto a metà anni ’80, non si è mai venduta artisticamente in modo scontato, anzi, ha sempre cercato di seguire la sua personale direzione, non quella del marketing, una band che è stata capace di creare album immensi negli ultimi dieci anni. E’ quasi un tirare le somme “War Of Kings”: è il quinto disco dopo la reunion, una conferma, un punto di svolta come il quinto disco della precedente incarnazione che poi portò alla lunga pausa. Ma questo nuovo quinto disco non è un declino, non punta ad una ulteriore pausa di riflessione, piuttosto rappresenta sia il punto di arrivo che un nuovo punto di partenza, una maturazione artistica totale, completa, una convergenza di oltre trentacinque anni di carriera, di gusti, di esperienza musicale. “War Of Kings” è melodia ed armonia purissime, arricchite da una componente heavy poderosa ed una direzione vintage assolutamente superlativa: le tastiere riportano indietro nel tempo, molto lontano, il tono della chitarra è magnetico e tagliente… mentre la voce di Joey è perfetta, calda, travolgente come sempre, e forse, più che mai. E’ affidata alla title track l’apertura dell’opera, un pezzo immediato, intenso con un lavoro di chitarra e tastiera che arriva a sfiorare gli anni ’70, a toccare i nomi grandiosi del rock d’epoca come Led Zeppelin, Deep Purple e Black Sabbath (come da dichiarazione d’intenti da parte della band stessa). Ma è “Hole in my Pocket” che scatena un ulteriore dose di energia: riff grintoso, linea vocale rabbiosa e ritornello trionfale sopra un eccellente lavoro di Mic Michaeli. “The Second Day” si spinge oltre nei labirinti del vintage rock e materializza un ritornello monumentale, immenso, infinito… evidenziato dalla performance superiore di Joey. “Praise You” è profonda e riflessiva, non si allontana dalla componente vintage ma si riallaccia perfettamente con lo stile della band dalla reunion in poi. La canzone è coinvolgente, quasi struggente, con una linea vocale ricca di armonia e poesia. Sporca, travolgente e molto rock “Nothin To Ya”, con Norum che si scatena e Joey che si sfoga con determinazione. Quasi un salto negli anni ’80 con “California 405”, un pezzo irresistibile, potente, molto hard rock, reso più intenso da quel suono settantiano delle keys; ancora una volta la linea vocale sorprendente mette in evidenza un songwriting curato e molto ispirato. Di nuovo potenza e grinta con “Days Of Rock n Roll”, con Norum nervoso e Joey dannatamente intenso. Tra il riflessivo ed il rabbioso l’impostazione di “Children Of The Mind”, un pezzo che in qualche modo mi riporta alla direzione musicale di bands quali i recenti Winger, un hard rock potente ma complesso, curato, melodico e intricato. Inquietante ed ancora una volta estremamente vintage “Rainbow Bridge”, toccante l’immancabile ballad intitolata “Angels (With Broken Hearts)”, mentre assolutamente piena di energia “Light Me Up”. Spazio per Norum in chiusura, con “Vasastan”, la bonus track strumentale dove il chitarrista si esprime con passione ed armonia, dando origine ad un pezzo semplicemente fantastico. Gli Europe sono una certezza; sono capaci di un livello di armonia superiore, conoscono i segreti dello scolpire il suono, materializzando musica, emozioni, trame trasversali che toccano il cuore, stimolano la mente dando un senso di eternità: musica senza più dimensione né tempo; musica giovane e schietta, matura e profonda, diretta e curata, immediata e complessa. Puro talento. Arte sopraffina. Atmosfera nella quale abbandonarsi completamente.
(Luca Zakk) Voto: 9/10