(Ektro) La Ektro è sempre una fonte di sorpresa. Ed è forse per questa ragione che nonostante sia spesso molto lontana dal metal, e pure dal rock, cerco sempre di seguirne le pubblicazioni. Credo fermamente che l’ascoltatore metal evoluto sia sensibile ad una vasta gamma di sonorità, espressioni, idee, tanto che nel metal stesso nascono evoluzioni e deviazioni sempre più vaste, capaci di integrare influenze musicali anche opposte tra loro. Questo lavoro, “Gilgamesh”, è creato da due artisti: Sándor Vály, un pittore ungherese che si dedica all’arte con un approccio concettuale e filosofico, un artista che si apre anche verso musica, cinema, performance ed arti visuali in genere. Musicalmente proviene da un passato punk ed industriale, e tra i suoi interessi c’è anche la musica classica. Forse ruota tutto attorno la musica classica il fatto che sia coinvolto anche l’altro artista, ovvero la pianista ungherese Éva Polgár, famosa per le sue performance classiche e moderne, vincitrice di premi ed in piena attività. Assieme, i due artisti hanno deciso di creare un’opera che va oltre il semplice concetto di musica o suono; un’opera, un concept album dedicato all’Epopea di Gilgamesh, un ciclo di poemi datato circa 5000 anni fa, di origine Sumerica che narra le gesta di Gilgamesh, re sumero di Uruk. Stiamo parlando di una letteratura tra le più antiche e superstiti. E su questi racconti i due artisti creano musica espressiva, malinconica, complessa e minimalista contemporaneamente, dove concetti elettronici si alternano a riflessioni basate sul pianoforte, dove lo stesso pianoforte ricco di intensità ed emozionalità cede il passo ad un sassofono deviato, affiancato da un clarinetto sublime. Il pezzo “Humbaba” è un esempio perfetto dei confini espressivi che questi due artisti riescono a raggiungere. Confini espressivi che cambiano le regole: la dea Isthar, per esempio, molte volte citata nell’heavy metal, qui, nel pezzo a lei dedicato, è pianoforte immenso ed emozionalmente intenso, capace di mettere in contrasto l’amore e la guerra che la dea controlla secondo l’antica religione mesopotamica. “The Bull” raggiunge livelli estremi, dove percussioni e sassofono duellano con nervosismo e furia, mentre la conclusiva “Back To The City” riporta il contesto su una elettronica ambientale piena di atmosfera ed immagini. E’ assolutamente impossibile dare un voto a questa composizione: non me ne reputo capace, e tanto meno degno. Non è heavy metal e forse nemmeno una sua lontana derivazione. Ma “Gilgamesh” mette alla prova gusti musicali, cultura musicale, intelligenza personale. E merita assolutamente un ascolto, durate il quale ogni emozione viene rapita e trasportata verso luoghi e tempi lontani, magici, misteriosi.
(Luca Zakk) Voto: s.v.