(Century Media Records) Sette anni non sono pochi ma tanto è il tempo passato dall’ultimo lavoro in studio della band statunitense. L’album omonimo del 2014 è stato seguito da singoli, concerti, situazioni personali e di salute, progetti paralleli e dai soliti fatti che circondano una band che ha vissuto anche tra i tumulti. L’album era pronto da un po’ perché gli EyeHateGod ci lavoravano dal 2018, però di casini ne sono successi e a tutti in questi ultimi periodi. Ritornano con la Century Media per “A History Of Nomadic Behavior” che deborda di un sound massiccio. Suoni possenti, carichi di quelle frequenze un po’ fuzz e un po’ ossute dello sludge e con evidenti influssi doom e raramente blusey. Francamente “A History Of Nomadic Behavior” non sembra tenere il passo dall’alto della sua maestosità per tutta la sua durata e dunque un tono di ripetitività durante l’ascolto salta fuori ma solo sulla distanza. Questo è un aspetto che forse ha segnato anche altri lavori della band. Eppure quell’andare mastodontico e la chiarezza di queste frequenze lavorano ai fianchi l’ascoltatore. “A History Of Nomadic Behavior” risente dei tempi che corrono e dunque delle stesse vicissitudini personali dei membri del gruppo. Tra queste ovviamente le conseguenze del trapianto di fegato subito da Mike IX Williams. Sono però vicissitudini che arrivano anche dall’esterno alla band, come quella della loro America che negli ultimi quattro anni ha visto la crescita di un esasperato livore sociale (ma prima di questi anni qualcosa pur succedeva da quelle parti!) e infine il piombare di una pandemia. La band era in tour in Europa, a Kiev quando l’Ucraina dichiarò che avrebbe chiuso le frontiere a causa del CoVid-19 e per tanto la band è dovuta rientrare in fretta dalla Turchia verso l’America, con biglietti aerei schizzati alle stelle! Non una band politica gli EyeHateGod, ma di certo una band arcigna, schietta e che nel caos ci sguazza.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10