(Self Mutilation Services) Struggente debutto per questa band italiana. Etichettata come Depressive Post-Black Metal, regala un album che va molto oltre questa definizione, in quanto gli oltre settanta minuti di queste sette tracce sono la sintesi dell’armoniosa bellezza della depressione, dell’oscurità, della decadenza umana. Pezzi lunghissimi, oltre i dieci, oltre i quindici minuti, nei quali si alternano riff sporchi e decadenti, a sostegno di linee vocali urlate -piene di sofferenza- alternate a clean vocal piene di emozioni (notevole la performance in “Anelo”), entrambe affiancate da female vocals piene di oscura sensualità. La batteria, e specialmente il basso, sono ben registrati e creano una struttura importante, che alimenta quel senso di asfissia alimentato da un feeling pulsante ed ovattato, esaltando le tematiche e l’orientamento stilistico della band. Dall’album non emergono singole tracce, anche considerata la lunghezza unitaria, ma è presente una costante definizione di uno scenario decadente, sempre intenso, sempre collocato al di sopra di tutto: avvolge l’ascoltatore, ed enfatizza qualsiasi sentimento triste e pervaso da malinconia. È la malinconia infatti uno dei sentimenti più presenti in questo disco, e viene espressa con una certa teatralità che mi fa ricordare -anche se il genere è diverso- l’impostazione dei romeni Laburinthos. Poi, ci sono effettivamente delle divagazioni post-black, ma è la componente atmosferica che domina sui riff, sulle strutture musicali, collocando la band in una dimensione propria che abbraccia vari stili, varie influenze, dando vita a qualcosa che sento diverso, non comune, non ovvio ed assolutamente molto efficace. Oltre un’ora di stimolo delle emozioni, uno stimolo crudele, perverso, malato e completamente privo di speranza.
(Luca Zakk) Voto: 8/10