(Jolly Roger Records) La nostra penisola ha una buona tradizione di doom metal classico: Abysmal Grief, Doomraiser e i gloriosi Thunderstorm sono i primi tre nomi che mi vengono in mente, e che hanno tenuto altissima, negli ultimi anni, la fiaccola del destino. All’underground italiano, e in questo caso meridionale, possiamo aggiungere con merito i messinesi Fangtooth, che con questo “…as we dive into the Dark” danno alle stampe un secondo album che avvince e convince. Dopo la marcia mortuaria di “Funeral in December”, “Of Flesh and Bolts” mette in scena un doom vintage che richiama naturalmente Sabbath e Candlemass, nonché i conterranei Trinakrius, anche se il timbro vocale di Sfack, e la complessità di qualche passaggio, mi hanno fatto a tratti pensare anche ai Dark Quarterer! In “No Tomorrow” lo stile di Sfack è quasi declamatorio, come se recitasse piuttosto che cantare; l’effetto è ottimamente riuscito. La lunga “Scylla”, che arriva a undici minuti quasi esatti, mi ha ricordato le mirabili atmosfere dei primi Trouble, quelli di “Psalm 9” e soprattutto di “The Skull”; “The wild Hunt” è un pezzo (relativamente) veloce, imparentato con l’horror metal. Si chiude con un altro brano di oltre dieci minuti, “Lord of a Kingdom Dead”, nel quale sento addirittura, al di là delle assonanze del titolo, echi dei Cirith Ungol: i Fangtooth riescono a creare una atmosfera malsana e fumosa che pochi hanno avuto il privilegio di raggiungere. Doom al 110% con una gradevole, ma non invasiva, patina vintage.
(René Urkus) Voto: 7,5/10