(Massacre Records) Talora mi capita di iniziare a recensire un disco mentre ancora cerco le informazioni sulla band: così, messo su questo album dei Feanor, dopo qualche secondo ho pensato ‘ma guarda questo cantante come imita spudoratamente Sven D’Anna’, e dopo un minuto ‘certo che questo chitarrista plagia David Shankle in maniera eccessiva’… beh, gli argentini Feanor ospitano in formazione l’uno e l’altro!! Questa band sudamericana è addirittura al quarto album, eppure ammetto candidamente che mi era ignota… ma se siete fan del true heavy metal che (ormai) fu, non potete lasciarveli sfuggire! La opener “Rise of the Dragon” è così pacchiana da stracciare tutta la concorrenza: i Manowar si incontrano con i Wizard, che flirtano con i Lonewolf, che amoreggiano con i Majesty: quindi cori, batteria in doppia cassa a elicottero, e in più la chitarra così caratteristica di David Shankle. La stentorea titletrack, che cantata da Tarek Maghary sarebbe stata un inno dei primi Majesty, chiude il proprio chorus con “Hail Hail Hail”; il testo della cadenzata e quadratissima “Metal Land” è, come è facile immaginare, la fiera del cliché… però la canzone si fa ascoltare con piacere. Trionfale “Together Forever”, martellante “Bringer of Pain”; “Lost in Battle” sarebbe una gran power ballad, se non avesse – caso stranissimo, vedendo il resto del disco – i cori così deboli. I nostri allora prendono suggestioni dai ‘lenti’ dei Manowar (guarda caso), e ci costruiscono l’emozionante “Fighting For Our Dream”; il disco si chiude con la monumentale suite “The Return of the Metal King”. Si tratta, guardate che caso fortuito, di una suite sull’‘Odissea’… qualcuno per caso ricorda quale poema epico veniva messo in musica nell’unico disco dei Manowar in cui suona David Shankle? I quasi venti minuti di sviluppo permettono ai Feanor di inserirci veramente un po’ di tutto: colpiscono in positivo le parti acustiche e i cori del bridge, in perfetto stile “Hail to England”, e un po’ in negativo le stiracchiate parti di organo e piano attorno al nono minuto. Mi sono permesso un po’ di ironia, ma ho davvero apprezzato “Power Of The Chosen One”: nel 1992 sarebbe stato una bomba, nel 2002 un disco da top ten dell’anno… nel 2021 è forse solo un insieme di ritagli di giornale – ma con una scelta di articoli bellissimi!
(René Urkus) Voto: 8/10