(Vargheist Records) “Destino nel nome”? Sì, forse per i due losangelini che portano avanti questo progetto si potrebbe usare la famosa espressione. Perché “ferale” è proprio il termine che userei per descrivere almeno in parte la proposta musicale qui recensita. La musica del duo è istintiva, diretta, chiara negli intenti quanto nell’esecuzione, ridotta all’osso, essenziale e onesta. Tutte caratteristiche che ben si adattano a chi come i Feral Lord si vogliono cimentare nel mio sottogenere preferito, quel black crudo e malsano che vive di cupe armonie e suoni cacofonici. Ecco, se vogliamo trovare un barlume di modernità, potrei sostenere che il gruppo inserisce, soprattutto nella prima parte del disco, una serie di stacchi che se hai la mente abbastanza aperta e allenata a molti ascolti, potresti pure definire un eccentrico e nervoso progressive distopico e sconclusionato, che denota molto probabilmente una finezza e padronanza compositiva che altrimenti si farebbe fatica a carpire. Che poi, se ascolto black da più di vent’anni, forse un po’ di somme ho pure il diritto di tirarle, dicendo che alla fine il black è forse diventato una musica positiva, nel senso che aggiunge al panorama suoni e dimensioni inedite, non votate all’annichilimento e alla devastazione come poteva essere percepito, ad esempio, nei primi Mayhem. Alla fine, pure un black di questo tipo può avere contenuti alti da trasmettere, sia nelle liriche che nelle tematiche, cosa che snatura i testi dei vari Metallica e Judas Priest a liriche simil-883. Disco d’esordio (EP esclusi) onestissimo e davvero ‘spassoso’ nella sua immediatezza e potenza. Un black crudo e aulico nelle sue nervature, senza per questo scadere nel riflessivo, ma restando sempre ben piazzato in strutture canzoni lineari e dal sapore novantiano.
(Enrico MEDOACUS) Voto: 8/10