(Steamhammer / SPV) Curioso che la Steamhammer / SPV parli dei Fire Action come una band con alle spalle tre album, infatti è quanto meno contestabile questa affermazione perché “Rock Brigade” del 2016, “Fahrenhater” di due anni dopo e infine “9112” del 2020, sono certamente tre EP. Tutti pubblicati autonomamente e con un minutaggio totale bassino e con appunto poche canzoni. Resta il fatto che l’hard & heavy band della Finlandia firma proprio con l’etichetta tedesca il suo primo contratto per quello che è incontestabilmente un full length. Undici canzoni e circa quaranta minuti di durata “Until The Heat Dies”, nel quale i Fire Action passano dall’heavy metal all’hard rock o barcamenandosi esattamente sulla linea di confine tra i due generi. La band brilla ma non in maniera accecante. Le loro canzoni sono gradevoli e si assimilano facilmente. I ritornelli funzionano e quelle chitarre saettanti ma lucide e regolari inseriscono l’assolo al momento giusto, come il fraseggio, la svisata. Ogni cosa è concepita con pulizia. Influenze possibili i Kiss, in “Hard Days, Long Nights” e “Under The Gun”, qualcosa dei Great White, forse i Van Halen e certa eleganza dei Ratt. L’heavy metal e non da meno l’hard rock dei finnici, ha molto della scena statunitense ma anche di quella europea, come gli Europe. Per quanto siano canzoni curate quelle di “Until The Heat Dies”, alla lunga si avverte come i Fire Action non riescano a portarsi a un livello superiore. L’album ha un suo senso compiuto nei pezzi, passi pure un non precisa direzione di stile, però sono pochine le canzoni che riescono a trafiggere l’attenzione dell’ascoltatore.

(Alberto Vitale) Voto: 6/10