(AOP Records) Ci hanno fatto attendere ben quattro anni per dare un seguito al favoloso “Okeanos” (recensione qui) e la domanda è quanto mai ovvia è: ne è valsa la pena? Diavolo si, perché il loro black personale, tanto ricco di atmosfera suggestiva quanto di violenza cinica, ma sempre circondato da evoluzioni progressive, è musica coinvolgente, appassionante, nella quale lasciarsi andare, percorrendo questi tortuosi sentieri con le divagazioni sonore, scoprendo dettagli, inspirando emozioni… concetti molto ben ribaditi, se non evoluti, con questo nuovo impattante “Marter”. Con “Faðir” l’album apre puntando su black metal efferato, anche se farcito di groove e capace di inglobare una parentesi atmosferica ricca di sentimento. Le strade contorte e variegate intraprese da “Amor Fati” fanno sognare, mentre la chitarra di “Labsal” è pura emozione. Anche “Lethe” riserva sorprese: non solo arpeggi magistrali e samples vocali teatrali, ma anche ritmiche che staccano dal black per abbracciare il death, mentre “Parhelia” scende più in basso, mostrandosi scenografica prima, violenta poi… passando per una parentesi tanto introspettiva quanto inquietante, nella quale violini taglienti fendono l’etere senza alcuna pietà. Penetrante “Odem”, drammatica e destabilizzante “Peraht”, pezzo che lascia libere le chitarre di aggredire l’ascoltatore con uno shredding tutt’altro che banale. Chiude la rappresentazione di questo teatro tetro l’ottima “Peraht”, canzone che offre black metal in ogni sua manifestazione nota (e non): si tocca il raw, c’è il black quasi sinfonico e ricco di cori, c’è l’old school, c’è il groove, ci sono lick di chitarra più vicini al metallo tradizionale, con un lungo finale di superlativa ispirazione folk. Tematicamente il disco parla dell’isolamento dell’individuo moderno in questa affollata società asettica, un individuo che è psicologicamente combattuto tra speranze di salvezza spirituale e fallimenti nella vita reale… una espressione artistica che aggiunge un pesante macigno a questa consistente produzione artistica, sbocciata in soli dodici anni di esistenza. Tra proibizionismo, lock down e controllo delle menti, non sono ancora riuscito a vedere questa band tedesca dal vivo, pertanto sono costretto a ripetermi: se i Firtan riescono a portare questa energia ricca di fantasia anche sul palco, allora siamo davanti ad una rivelazione superlativa!
(Luca Zakk) Voto: 9/10