(Eleven Seven Music) Questa modesta band statunitense di hard & heavy contemporaneo, comincia a essere eccessivamente spinta dalla propria etichetta. Paragoni di vendite commerciali con i Metallica, di permanenza in classifica con Marilyn Manson e altri accostamenti speculativi, buoni per pompare il buon nome della band di Las Vegas. Provando a guardare le cose di casa Five Finger Death Punch con i piedi sulla terra, diventa subito chiaro come “And Justice For None” sia inevitabilmente l’album per piacere alle masse. Questa è una pubblicazione pensata per piacere a quanta più gente possibile. Sono rockstar, guadagnano il pane tentando di vendere album, veri o digitali, e riempiendo arene quando suonano dal vivo. Tutto comprensibile e sul valore della musica non si può dire male. L’album presenta tredici pezzi e soprattutto un’alternanza tra brani pesanti e non. “Fake” apre con impeto e si va avanti così almeno fino a “Sham-Pain”, canzone frizzante ma con ritornello lirico e andatura sbarazzina. “Blue On Black” si piazza al quarto posto in sequenza ed è semplicemente un capolavoro. Il primo vero brano lento, la prima ballad di valore di “And Justice For None”. Con una canzone di intervallo ecco “I Refuse”, melensa quanto solo una band americana riesce a esserlo, come del resto, sempre con una canzone d’intervallo, ecco “When the Season’s Change”, altra docile situazione, sottolineata dall’uso dell’acustica, assolo dirompente e un’atmosfera che potrebbe essere di Nickelback, Avenged Sevenfold e tutta la truppa di band del caso. Ne passano poi due di pezzi per averne un’altro da luci basse, come è “Gone Away”, forse la canzone più atipica, con synth ben in evidenza e un’atmosfera malinconica con tanto pathos. “Will the Sun Ever Rise” chiude l’album, è movimentata ma fa parte dei pezzi non pesanti, mentre qualcosa rievoca lo spettro di Chris Cornell. “Fire in the Hole” è un brano incendiario, con il ritmo a farla da padrone, come in “Rock Bottom”, mentre “It Doesn’t Matter” con linee vocali serrate e prossime al free style e un guitarworking fluido ma rovente, rientra anch’esso tra quei brani tipici delle band alternative metal statunitensi. Sono i 5FDP di sempre, niente di più, c’è molto che è stato pensato per suonare dal vivo probabilmente, ma c’è anche una qualità sonora affatto discutibile. Il songwriting presenta qualcosa di coinvolgente, di musicalmente bello, meno interessante forse è il parco canzoni forti, le quali tra il fare casino del batterista e soluzioni ormai standard, non staccano di certo alcuna lode.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10