(Eisenwald) Una esplosione. Energia compressa nell’universo per troppo tempo che finalmente si libera nel cosmo, dando vita a nuovi astri, ad una nuova mappa delle galassie. I Fluisteraars hanno sempre composto grande musica, bilanciando con genialità black metal ed atmosfera, musica sempre completa, creata e composta con un livello qualitativo immenso. Ma “Bloem” è veramente come un fiore: da un misterioso bocciolo chiuso in se stesso ad una meraviglioso fiore che sboccia e rivela al mondo la sua magnificenza. “Bloem” va oltre, “Bloem” è fantasia creativa senza limiti, senza confini. Il duo olandese questa volta ha creato cinque tracce che riempiono l’etere come decine di album di altissimo livello comprimendole in 35 minuti che invadono uno spazio temporale indefinitamente infinito. “Tere Muur” è un brano furioso che esibisce indiscutibilmente il marchio di fabbrica del sound della band olandese. I rallentamenti danno spazio a linee di basso sensuali, assalite da tremolo avvincenti per poi dar spazio ad una irresistibile, cathcy e rocambolesca progressione tuonante. La furia assassina della parte iniziale di “Nasleep“ rivela ancora una volta un lavoro di produzione superlativo e, dannazione, quel piatto della batteria che echeggia sul canale destro in lontananza ti cattura e ti trascina verso un’altra e più profonda dimensione sonora. Ma è proprio questo il brano che svela il genio creativo e la sua relativa crescita: dopo un paio di minuti cambia il tempo, cambia il ritmo, ancora linee di basso carnali prima di un’apertura verso concetti inquietanti, teatrali, pura materializzazione sonora del terrore più ancestrale, fino ad assurde alterazioni digitali che innescano nuovamente un black letale ma di matrice deviata, grazie a quei suoni proto-sinfonici che alterano le frequenze. Ma “Nasleep” (‘Conseguenze’, ndr) continua a progredire a mutare, abbandonandosi ad un atmosferico elettrizzante e drammatico, fino ad un black estremamente sensuale, caldo, pregno di eccitante malinconia e disperata pazzia. “Eeuwige Ram” è immensità sonora. Brano lento ed introspettivo, nel quale emergono fiati, voce meno estrema (ma nemmeno clean), il tutto in un tema musicale deliziosamente ossessivo, ricco di intensità emotiva, di disperazione ed energia. “Vlek“ apre travolgente, veloce e poderosamente suggestiva, ma quel cambio tanto improvviso quanto dolce porta per un momento il brano all’atmosfera della traccia precedente, in un susseguirsi di alternanze tra estremo e provocante, tra brutale ed erotico, tra iracondo ed introspettivo. Ma anche questo brano propone una svolta drammatica: quella chitarra gitana, quel crescendo sinfonico, quell’assolo , quelle dissonanze… un’autentica meraviglia che si propaga poi nella parte iniziale della conclusiva “Maanruïne”, la quale poi deflagra con diabolica impetuosità, ripescando quell’efficace alternanza. A metà brano per l’ennesima volta tutto cambia: chitarra classica che accompagna un favoloso trombone, e poi la tromba, e le chitarre, quel basso, quel tremolo avvolgente, quei cori… e via verso un finale dal sapore etno-folk impareggiabile. Un capolavoro di musica con radice black metal, registrato in maniera sublime, sferzato da iniezioni che vanno oltre l’avant-garde, oltre qualsiasi altra divagazione del black. I Fluisteraars, pur mantenendo inconfondibile lo stile che li caratterizza, probabilmente ridefiniscono il concetto di progressive black!
(Luca Zakk) Voto: 10/10