(Eastworld) Avverto tutti coloro che hanno passione verso i Focus che “X” è un vero album della band. Al di là di quello che leggerete in queste righe o altrove sappiate che “X” rappresenta totalmente i Focus o per lo meno quello che ne è rimasto e che ancora va avanti. Il sound c’è, fatto di escursioni strumentali raffinate, tra il jazz e il rock progressivo e con quei toni cari alla band olandese. Ritroviamo l’istrionico Thijs van Leer e Pierre van der Linden, mentre al basso e chitarra restano Bobby Jacobs e Menno Gootjes, ovvero gli stessi di “Focus 9”. Il tipico connubio tra il flauto di van Leer e il suo hammond e la musica che li segue è in “All Hens On Deck” e nella magistrale opener, “Father Bacus”. “Victoria” rappresenta una delle tipiche evoluzioni della chitarra che costruisce un flusso di melodie celestiali e la musica intorno che crea uno scenario magnifico. Cose già sentite ammirevolmente in brani storici come “Janis” o “Sylvia”. Altri tempi e altre epoche qualcuno penserà, eppure quei suoni e le atmosfere sono davvero simili. Il tocco è rimasto, nonostante manchino diversi interpreti. “Le Tango” è un altro gran momento di musica, dove più essenze (jazz, soul, rock, chitarra spagnola) e interpretazioni si mischiano, creando una sequenza melodica raffinata. Il jazz o fusion che sia è ovunque, ma segnalo in particolare “Amok in Kindergarten” e “X Roads”, con la sua melodia dai toni anni ’70, che sono due momenti clou nell’uso di questo genere, profondamente radicato nei Focus. Se amate le atmosfere riflessive c’è “Message Magic” oppure quelle pregne di pathos e altisonanti come in “Hamburger Concerto” allora c’è “Hoeratio”. L’ascolto comporta rimandi e ricordi, la struttura melodica di ogni scala, suonata col flauto o con la chitarra riporta alla mente i suoni del passato. Questo album è l’evocazione dello spirito creativo di una delle band più importanti avute negli anni ’70 nel rock progressive e che forse non è mai stata giustamente tributata. Eccentrici ancora oggi, vista la presenza di “Talk of the Clown” dove flauto, chitarra, batteria e basso si avviano in una marcia appunto clownesca, anzi direi giullaresca perché ben descrive l’ironia giocosa che i Focus hanno sempre tenuto in seno alla propria arte. L’impressione è che questo sia un album (la cui copertina, lo avrete capito, è frutto della mano di Roger Dean, noto per i suoi lavori con gli Yes) per i fan e una coerente volontà di mantenere se stessi legati alla propria inossidabile reputazione artistica. A mio avviso ci sono ben riusciti, pur non offrendo l’apice raggiunto in passato, ma parliamo di quaranta anni fa, Thijs van Leer e chi gli sta vicino offrono una prestazione ammirevole.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10