(Folkstone Records) Un po’ a sorpresa, a soli due anni da “Ossidiana”, tornano i Folkstone con il loro settimo album: la formazione bergamasca non ha certo bisogno di presentazioni, semmai va soltanto precisato che i nostri reagiscono con questo “Diario di un Ultimo” all’abbandono di Matteo e Andrea, membri fondatori, e si ricompattano accogliendo nell’organico Marco Legnani. Si parte tosto con “Astri”, dalle chitarre insolitamente dure per la band – anche per via del break parlato, ho addirittura pensato agli Eluveitie! Rabbia ‘positiva’ e ritmi allegri nella titletrack, mentre “La Maggioranza” si muove fra critica sociale e spunti (che sembrano) autobiografici da parte del singer Lore. “Danza verticale” ha l’apparenza di un poetico inno alle Alpi orobiche, tanto amate dalla band; pura energia alla In Extremo per “Una Sera”, mentre “Spettro” è una dolente quanto ispirata power ballad. A volte, va detto, i testi funzionano meno, per via di alcune durezze (“Elicriso [C’era un pazzo]”); altre volte, l’interpretazione sanguigna di Roberta è invece la marcia in più (penso alla bella “In Assenza di Rumore”). La ballad acustica “Fossile” è sospesa fra un sublime lirismo e un paio di passaggi a vuoto nel testo, che la rendono meno bella di quanto poteva essere; degna conclusione del disco è la dolceamara “I miei Giorni”, che mi sembra di nuovo ancorata al filone mittealter rock centroeuropeo. Non il migliore dei loro album (io poi, per motivi personali, sono particolarmente affezionato ai primi due), ma una sempre godibile e ricca esperienza sonora per una formazione che, in Italia, non ha eguali.
(René Urkus) Voto: 7,5/10