(Werewolf Records) Pur rimanendo estremi, inospitali, e deviati, con il settimo album in carriera i finlandesi Förgjord forgiano un sound meno distruttivo, meno lo-fi, più curato, più teatrale e, indubbiamente, più oscuro. L’atmosfera è leggermente meno intensa, mentre il sound -sempre riconoscibile e ricco di melodie maligne- evolve, giungendo ad una composizione potente, nella quale i riff sono definiti, impattanti, coinvolgenti, mai annegati dentro una nebulosa di dissonanze, piuttosto resi protagonisti, al centro dell’impatto sonoro diffuso. Un’evoluzione che in verità è un ritorno al passato, agli anni ’80, ai primi anni ’90, dove violenza e ritmica erano la formula ideale, assieme alla velocità, per diffondere nell’etere musica posseduta dal male, devota agli inferi, putrida e decisamente connessa con la morte. Allora ecco che “Silmäinkääntäjä” ti annienta, ma si prende pure il permesso deviare in ambiti melodici poderosi. “Käärmeenkieli” ha un tocco sinfonico decadente… e progredisce con un riff spacca ossa incredibile, mentre “Loukatun Kunnia” è doomy, oscura, lacerante, ipnotica. Teatrale ed epica “Kalm”, criptica “Raskas Veden Taakka”, prima della conclusiva e subdolamente demoniaca “Pettävä Suo”. Quasi un tributo ai giorni gloriosi del black metal, prima delle produzioni sontuose, prima ancora dell’aggiunta di infinite componenti per rendere la musica più fruibile, o semplicemente meno reale. “Perkeleen Weri” è radicale, è estremista, è ortodosso, è diretto, è schietto, è nudo, è crudo, è maleficamente ancestrale!
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10