(Nordvis Produktion) Con l’evoluzione del precedente “Faþir” (qui), Ludvig Swärd continua il suo cammino dentro una intima ricerca spirituale, un ritratto musicale e teatrale di divinità nordiche, cercando di intrecciare temi di fertilità e lealtà, amore e tradimento, luce e ombra, in quell’infinito contrasto tra un aspetto e il suo esatto opposto, cosa che descrive la vita terrena in relazione a quella che seguirà, evidenziando l’ambiguità divina, quel concetto che può trasformare chi dona il primo respiro in chi lo toglie per sempre. Suoni che scolpiscono il ciclo della vita, dalla nascita alla morte fino successiva rinascita, quando il ciclo inizia nuovamente seguendo il suo ritmo lento ma incessante, nell’eterna ricerca di un equilibrio tra presente e passato, tra antica saggezza e moderna riflessione, quasi come un archeologo che scava nella terra di oggi per cercare nelle tracce del passato la chiave del nostro ambito divino. Musica interamente acustica, con linee vocali tuonanti e sensuali, e una gamma di ospiti che portano fiati, cori, violini, percussioni: un concetto compositivo ed esecutivo che riconduce alla natura, come se ogni suono emergesse da madre terra, con spontaneità, con impeto, con l’ancestrale spiritualità delle terre del nord. Percezione ed emozione. Spirito e carne. Vita terrena e ultraterrena. Tra suoni tuonanti ed intenso meraviglsioso silenzio.
(Luca Zakk) Voto: 9/10