(NoEvDia) È impossibile non sentire i Marduk anche nei Funeral Mist, il side project di Arioch, ovvero Mortuus (Daniel Hans Johan Rostén), front man della nota band svedese. Tuttavia in questa incarnazione da one man band, l’artista crea qualcosa di molto diverso, un po’ come se la base di partenza della band principale trovasse improvvisamente un percorso verso una dimensione tanto parallela quanto profondamente diversa, sia musicalmente che nei contenuti lirici, qui più tendenti ad una spiritualità interiore, ad una natura sia divina che carnale -pertanto mortale- dell’esistenza umana. Immensa, gloriosa e superbamente rituale “Twilight of the Flesh”, pezzo ricco di dettagli, con linee di basso sublimi, ed una generale decadenza marziale irresistibile. Irrequieta e scandita da colpi di scena “Apokalyptikon”, black capace di travolgere tutto e tutti con la drammatica “In Here”. Maledettamente inquietante “Children of the Urn”: quelle voci bianche che serpeggiano nei labirinti di un riffing black destabilizzante sono un’idea pregna di micidiale malvagità, l’anticamera di una canzone che poi scorre tumultuosa, incalzante e meravigliosamente dotata di potenza melodica. Tellurica ed irrespirabile “Hooks of Hunger”, mentre la title track appare nuovamente melodica, ma anche teatrale, progressiva, tribale, doomy… un’autentica perla nera capace di sorprendere costantemente, accompagnato con malinconia verso la lunga, furibonda e conclusiva “Into Ashes”, un epilogo forgiato con pregiato black metal spinto al limite delle suoni e degli arrangiamenti. Una produzione pensata per sonorità enormi che materializza un black metal portato al prossimo livello, alla prossima sfida, al prossimo tempio nel nome del male. Album nichilista. Perverso. Visionario. Nove tracce che impattano, che sorprendono, che catturano. Cori anche infantili che si intrecciano con idee etniche, mentre una valanga di layer di chitarra assaltano l’ascoltatore con veemenza ed irruenza. Brano dopo brano si passa da una dimensione quasi celeste, poi discendendo, proseguendo verso il basso, verso il terreno, e ancora più in basso, nelle profondità, nelle cavità mefitiche, sulfuree degli inferi, verso il centro della terra, verso l’inferno più crudele e per questo motivo molto più attraente.
(Luca Zakk) Voto: 9,5/10