(Indipendence Records) Elaborata ed interessante proposta dalla Sicilia. Gabriels, progetto dell’omonimo tastierista, giunge al secondo lavoro. Un concept album dedicato alle vittime dell’11 Settembre, un concept che parla di pace, di fine delle guerre, di miglioramento dell’umanità. Speranza, voglia di vivere, di convivere, di amare. Sentimenti nobili che in questo album sono esaltati da ospiti illustri, dimostrando che la band Italiana crede in se stessa e non vuole lasciare nulla al caso. Infatti nel cast che vanta artisti tutti molto validi, anche se meno noti, spicca Mark Boals una delle ugole più ambite ed identificative del panorama metal. Ed è infatti molto compatibile con questo cantate l’intera opera, undici pezzi per oltre un’ora di musica, che si orienta ad un power prog, con eccellenti ambientazioni musicali, un fantastico lavoro alle tastiere, chitarre virtuose ed emozionanti. Tra le voci noto con piacere Ana Maria Barajas (Nova Orbis, dalla Colombia) che su “I Can’t Live Forever” offre una performance veramente emozionante. L’album è molto melodico, esplora ampiamente i territori progressivi, e si colloca nell’area occupata da bands come Royal Hunt, senza però dimenticare certe idee stilistiche che si possono trovare su progetti quali Ayreon. E’ palese che Gabriels ha fatto un lavoro immenso: a livello compositivo, a livello di storia e testi che risultano molto belli. Ogni singolo minuto del disco offre un senso di appartenenza all’album stesso, mettendo in mostra le ottime capacità nel creare un concept, cosa non sempre facile e tanto meno ovvia. E’ difficile citare qualche pezzo in particolare, essendo essi parte di una storia, di una evoluzione, di un percorso: non sono canzoni da “singolo”, non sono cose da ascoltare fuori ordine: l’ottima qualità tecnica di “Prophecy” è proprio orientata all’insieme, all’intero lavoro. Comunque vale la pena citare “Omen” che è molto attraente, specialmente con linee vocali e ritornello avvincenti. Epica “Pray To End All Wars”. Atmosferica, con voci e chitarre fantastiche “Falling Stars”. Irresistibile l’impostazione ritmica di “Things Of The World”. L’album è pieno di idee, sorprese. Forse ce ne sono fin troppe, ed il rischio è che la lunga durata, cosa che personalmente trovo piacevole, possa stancare l’ascoltatore medio, e la mancanza di momenti distintivi, di quei capitoli emergenti che sono invece distribuiti su tutta l’opera, può danneggiare il lavoro. Ma “Prophecy” è senza dubbio un disco che merita svariati ascolti, anche per assorbire i messaggi distribuiti, per addentrarsi nelle proposte stilistiche concepite. Ma è indubbio che “Prophecy” è un album decisamente valido, marcatamente profondo, molto elaborato ed estremamente tecnico.
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10