(Meuse Music Records) È doom, è doom melodico, è doom che va oltre la dimensione terrena, tanto che la definizione ‘Cosmic Doom Metal’ forse è quella che meglio gli si addice. Secondo capitolo per gli italiani Ghostheart Nebula (qui il debutto): la novità rispetto a tre anni fa è l’entrata in line up dell’allora vocalist ospite Lucia Amelia Emmanueli, garantendo una costante presenza femminile nelle linee vocali, a fianco del possente e cavernoso growl di Maurizio Caverzan. Il nuovo album va oltre il confine del precedente lavoro, intensifica la malinconia, quel desolante senso di solitudine, di desolazione, cosa che brani sublimi quali “Traces” confermano con impeto. “Sunya” è travolgente: riff incalzante, tuonante e pulsante sovrastato da linee vocali laceranti, poi rese celestiali da una componente femminile comunque doppiata da quelle urla infernali. Misteriosa e monumentale la lenta “The Opal Tide”, rocambolesca ed epica “Naught I”, un brano ricercato, complesso, tecnico, arricchito da uno speech di Carl Sagan supportato da linee di basso sensuali, prima di un finale che riesce ad abbracciare anche il black metal. Dolorosa “Infinte Mirror”, brano con la chitarra acustica di Øysten G. Brun dei Borknagar, contorta e verso un crescendo devastante la title track, imprevedibile e criptica la conclusiva “Orphan of Light”. I Ghostheart Nebula si rivelano più intensi, più profondi, più eterei ma più concreti. Più moderni ma anche più cinicamente sulfurei, con riff e linee vocali capaci di vagare per l’eternità nell’infinito cosmico, tanto quanto di scavare voragini tetre nei meandri più reconditi degli inferi, confermanto una band più matura, più consapevole, più travolgente e decisamente più poetica.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10