(UDR/Warner) Non ho mai capito se le Girlschool siano la versione femminile dei Motörhead o se i Motörhead la versione maschile delle Girlschool. La cosa sicura è che questi due act storici sono legati in maniera inscindibile: origini pre anni ’80, inglesi, cattivi, sfacciati. Senza contare le collaborazioni incrociate. Lemmy stesso ha definito le Girlschool scrivendo: “non solo erano una ottima band, avevano anche carattere e non guardavano in faccia a nessuno”. Lemmy ha ragione quasi su tutto, il suo unico errore è usare il tempo passato! In giro da oltre 35 anni, le quattro ragazzacce continuano a non guardare in faccia a nessuno, a fare metallo, a suonare duro, a scatenarsi senza pietà… tra l’altro con la formazione originale (tranne, ovviamente, Kelly che morì nel 2007). Tredicesimo album, energia al massimo, nessuna mancanza, nessuna debolezza. Un album di metallo, di rock, di heavy blues… un album che riassume proprio i Motörhead e l’hard rock -con un tocco di punk- nelle sue evoluzioni degli ultimi tre decenni abbondanti. “Come The Revolution” è energia esplosiva e apre l’album prendendo a schiaffi l’ascoltatore, con irriverenza, con prepotenza, quattro dominatrici in preda ad attacchi isterici, capaci di riff superbi ed un ritornello glorioso. Punk Lemmy-style su “Take It Like A Band”, mentre ascoltando la poderosa title track sembra di essere seduti su una sedia elettrica… ed il maledetto boia non potrà legarvici in quanto le convulsioni da headbang saranno incontrollabili. Riflessiva ed introspettiva “Treasure”, arricchita da un refrain crescente e dannatamente heavy. Si, certo, c’è un qualcosa che assomiglia vagamente ad una ballad, “Awkard Position”, un pezzo che in realtà è quasi un southern rock sporco e graffiante. Vi ricordate i Bee Gees e la mitica “Staying Alive”? Forse qualcuno l’ha pure ballata; bene ora è una canzone da pogare… cazzo la miglior cover di questo pezzo storico di tutti i tempi, in assoluto. Punto. Spinge duro “Perfect Storm”, con Kim che esprime una voce dolce e provocante, mentre “Painfull” è un generatore di impulsi micidiale, una canzone sognante ma oscura, trionfale ma malinconica. “Night Before” sembra uscita da un disco dei Motörhead (e secondo me, la dentro c’è un bel po’ del Lemmy sound), mentre la conclusiva “Everybody Loves (Saturday Night)” è stranissima: un heavy Queen, un po’ dark, un po’ metal, molto moderna, ma molto ’80… un pezzo fantastico che dimostra il gusto eclettico delle quattro rockers. Queste non cedono. Non invecchiano. Non mollano. Non sono le mammine premurose o le nonnine che preparano il fottuto albero di natale ai cazzo di nipoti, appendendo le calze con i dolci al caminetto. Queste sono pericolose. E pensare che nessuno credeva in questa band, in quanto il rock sessista e maschilista non poteva concepire che quattro donne potessero mettere a ferro e fuoco un palco costruito da mura di Marshall. Ma loro se ne son sempre fottute e hanno sempre mostrato il dito medio. E, per nostra fortuna, continuano a farlo anche oggi.
(Luca Zakk) Voto: 9/10