(Autoproduzione) La partenza di “Oceans” è ottima perché si ha a che fare con del rap abbianto a del metal compatto, molto nu, quindi moderno e con distorsioni dal groove al vetriolo. “Oceans” la spunta bene anche per le parti cantate senza la cadenza rap, ma esclusivamente con un’andatura vocale melodica e ben ispirata. “The Submissive” ripropone nuove melodie e una cadenza metal più robusta, più thrash e quasi djeng metal in alcuni passaggi. “Double Trouble” spegne ogni speranza di ritrovare il rap nel cantato di Benoit Derat, comunque ben ispirato nella ricerca di soluzioni sempre pulite e melodiche. A questo punto dell’EP (il secondo per la band di Parigi) è anche fin troppo chiaro come i Gliding Soul amino dilatare i pezzi, tutti tra i 4’ e mezzo e i 5’. Un modo per elaborare di più i brani senza però mai concedersi passaggi cervellotici, al massimo del buon dinamismo, cosa che accade anche nell’unica canzone tra le cinque ad andare sotto i 3’ e mezzo, cioè “In The Pathway”; brillante con la sua coda finale (in generale sanno chiudere sempre bene i pezzi) quasi di un funky sincopato. “Throes of Obsession” è l’ultima canzone nella sequenza. Il riffng conferisce qualche apertura più ampia in appoggio alla linea vocale di Benoit (dall’inglese un po’ troppo marcato, diciamolo pure, visto che spesso questo aspetto è motivo di critica per qualche cantante nostrano). Pur non avendo ascoltato il primo EP omonimo dei Gliding Soul, che era del 2011, anno dopo la nascita della band e realizzato con una line-up diversa dalla presente, si coglie l’impressione di come loro stiano coltivando un proprio sound. Se da una parte devo riconoscere che qualche limatura è ancora necessaria (nella musica e nel cantato), allo stesso tempo non posso trascurare questo tentativo di individualità che i parigini si stanno costruendo. Mezzo voto in più, per un sound con del groove e distorsioni forti, escursioni nel metalcore, in una specie di pallido djeng metal e il modern metal.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10