(Purity Through Fire) Il gelo che ci piomba addosso nell’ascolto di “Folkstorm” è indescrivibile. Gnipah​ålan è lo svedese Swartadauthuz, un multistrumentista che ha registrato le sue parti vocali all’aperto e nella foresta. Per la batteria si è servito anche stavolta di un intervento esterno, tale K.L. Swartadauthuz con “Folkstorm” arriva al suo terzo full length nel segno del black metal, genere che ha anche onorato con diverse pubblicazioni minori. Lo stile Gnipah​ålan si avvicina molto alla scuola norvegese della prima metà degli anni ’90, tra Keep Of Kalessin, Emperor, ma anche dei suoi conterranei Dark Funeral, tuttavia l’impronta è quella del black metal più ferale possibile, con ambientazioni caotiche quanto fredde e dirompenti. Gli spunti melodici rievocano i primi esempi del symphonic black metal cioè con i ‘tastieroni’ che fissano quegli accordi lunghi che fanno da contrappunto o, il più delle volte, d’accompagnamento alle chitarre, incidendo con una resa che restituisce maestosità. La batteria sembra un tornado e la voce è orrida, ringhiante, in scream. Spazio al basso, l’entità che permette al sound generale di non essere troppo o definitivamente appiattito sulle gelide chitarre. Tra scatti e impeti in mid tempo, Gnipah​ålan svolge un lavoro coinvolgente ma non esente da qualche passaggio di troppo in certe occasioni. Infatti diversi pezzi raggiungono minutaggi importanti e dunque “Folkstorm” arriva a oltre settanta minuti di durata, determinando così un lungo inverno polare.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10