(Svart Records) Stoner. Tutto si aggira su uno stoner pesante, ciclico, imponente. Da questa base gli svedesi Goatess costruiscono la loro musica, le loro idee, lasciando libera la loro ispirazione. È proprio da questa base che nascono le imponenti divagazioni psichedeliche, le tetre invasioni doom, le godibili ispirazioni ai primi Black Sabbath. La voce non ha bisogno di presentazioni: si tratta infatti di Chritus Linderson (Count Raven, Saint Vitus, Terra Firma, Lord Vicar). Voce perfetta per ciascuna delle ampie aree che questo sound riesce a ricoprire. Il resto della band è semplicemente l’ideale, e dentro maestosi pezzi che compongono l’album (spesso ben oltre i 7 o anche 10 minuti!) trova spazio una costante jamming session, aperta, in evoluzione, in progressione, dalla quale l’ascoltatore può trarre calore, passione, creatività e genialità. “Ripe” annienta con la sua psichedelica ridondanza. “Full Moon At Night” esce dai confini, rompe gli schemi, con quella ampia parte strumentale inserita nel pezzo. “Oracle” parte 1 e parte 2 sono due pezzi intensi. Sonorità strane, esperienze assurde, quasi la descrizione metafisica della copertina del disco. Una sublime fusione tra doom/stoner e psichedelico puro. Un brano che si innesta nell’altro, un’opera sonora che raggiunge, con effetto, direttamente il subconscio dell’ascoltatore. La chiusura del disco è affidata a due brani imponenti, di vasta durata; il primo “King One” è ruvido, perverso, maligno. E’ forse il brano che meglio descrive la massima scelta dalla band e riportata sulla loro pagina: “Il male non dovrebbe suonare così bene”. Infatti. Ma “King One” è totale. Opprimente, elargisce malvagità, divulga una sensazione di aria infetta, malsana, una perturbazione di nero tra le ombre. Il main riff è costantemente presente per tutti i 10 minuti e 37 secondi, rivisto, mixato, distrutto, ricostruito. Un sesto di una ora della vostra vita verrà senza dubbio sgretolato da questo pezzo monumentale. Il secondo e conclusivo pezzo è “Tentacles Of Zen”. Dodici minuti di congedo dall’ascoltatore, con un doom pesante, assillante, nebbioso.. ma stranamente perturbato da sonorità orientali, completamente integrate nel concetto generale, dannatamente in linea con la componente psichedelica della band. Sembra che i Goatess stiano confermando un’idea che mi gira in testa da un po’: c’è un ritorno. Il ritorno a suoni che appartenevano agli anni ’70, un ritorno in grande stile, un ritorno di sonorità quasi magiche inquinate dalla decadenza moderna, dalla negatività del doom, dalla malattia dello stoner. Non so se ho ragione, ma se questa corrente è veramente in atto, i Goatess sono tra i più qualificati rappresentanti di questo sound.
(Luca Zakk) Voto: 8/10