(Napalm Records) Al Windmill Lane Recording Studio di Dublino i God Is An Astronaut sono ritornati verso un proprio pezzo di storia nonché di storia del post rock. Gli irlandesi hanno infatti nuovamente eseguito il loro celebre primo album, attraverso una registrazione in presa diretta per i suoi venti anni. L’album riprende i suoi contorni ma nella sostanza i suoni e l’eseguire quei vortici sonori con una strumentazione forse più evoluta e certamente tarata in maniera diversa che in passato, ribaltano la resa finale della ben nota versione originaria. Fa sensazione ascoltare i labirinti sonori che si dipanano in questa fiumana strumentale, i quali si manifestano pieni, dalla profondità marcata e probabilmente meno ossuti rispetto alla prima versione dell’album. Le melodie sono più aggraziate e tuttavia l’energia la disinvolta capacità di modellare immaginari e scenari infiniti è di fatto quella di sempre. L’ultimo album “Ghost Tapes #10” pubblicato nel 2021, rappresenta, a detta della band, un lavoro creato con un’attrezzatura ridotta al minimo. In tal caso però non si può parlare di un album realizzato dal vivo in studio, visto che ha subito gli abituali processi di costruzione durante le registrazioni e il conseguente mixaggio. Gli irlandesi hanno dato corso alla volontà di una tale operazione pensando di offrire una nuova veste emozionale alla propria musica. Suonare interamente e registrare il primo album è stato forse un bisogno per i God Is An Astronaut, senza volere necessariamente ripetere qualcosa ma semmai tentando di portarla ancora più in là di dove si trova artisticamente. La copertina è stata cambiata, infatti è un’opera di David Rooney e rappresenta una sala da concerto devastata dalla guerra e nella quale si intravede un pianoforte. Lo strumento vuole simboleggiare che la musica è qualcosa che trascende il tempo ed anche un evento come la guerra.
(Alberto Vitale) Voto: 9/10