(Die Hard Records) Mentre i Dark Avenger (ultimo discorecensito QUI) erano in stasi, il singer della band, Mario Linhares, pensò bene di non restare con le mani in mano, e creò così un nuovo progetto. Ecco quindi gli Harllequin, autori di un power/thrash dinamico e torrenziale, di cui oggi MetalHead recensisce il secondo album. La prima cosa che colpisce della tracklist (in positivo) è la lunghezza dei brani, inusuale per il genere suonato: i dieci brani assommano in totale a 63 minuti! L’iniziale “Three Days in Hell” dispiega, come detto, un power/thrash molto potente, con la feroce batteria di Kayo John in bella evidenza, e Mario Linhares che si diverte a esibire toni altissimi. Tribalismi sparsi e chitarre nervose in “Going to War”, mentre “Overshadow” attraversa in scioltezza diversi generi, dall’intro doom ai passaggi thrash, con in più qualche puntata nell’estremo. La titletrack è una superba tirata doom della durata di oltre otto minuti, che da circa la metà ha una impennata di thrash rabbiosa. “The Bride” cede un po’ di più alla melodia grazie a un godibile tessuto di tastiere; davvero scatenata “Daredevil”, e a fine scaletta troviamo addirittura una ballad ‘pura’, che risponde al nome di “Ancestors”. Un disco che viene da una scena, quella brasiliana, della quale vorremmo sapere volentieri di più, e che ha la carica di un ordigno nucleare.
(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10