(Sturmglanz) Una intro che sembra uscita da una qualche demo dei Nargaroth ci introduce al lavoro del polistrumentista che ha messo in piedi questo progetto. Ispirato a divinità di antiche religioni, il disco comprende, oltre alla già succitata intro, altri sette brani, composti di un black tirato e claustrofobico, piuttosto elaborato rispetto a quanto la copertina in stile anni ’90 voglia suggerire… Resta musica aggressiva, certo; ma frequenti cambi di tempo e una certa disomogeneità e varietà nelle composizioni piazzano l’uscita discografica un gradino leggermente superiore alla media, specie se si considera che non stiamo parlando di produzioni fatte da etichette grosse. Una leggera vena di solennità e ritualità aleggia come l’ombra di un serpente in tutta l’opera, contribuendo non poco alla generale atmosfera silvana che, con ogni probabilità era l’intento dell’autore. Poche comunque restano le parti strumentali o melodiche, in tracce in cui il cantato svolge, assieme alla chitarra, la parte preponderante, accompagnati da un comparto ritmico piuttosto sguarnito ed essenziale quanto efficace e diretto. Un buon lavoro, onesto omaggio al genere cui si rifà, senza la pretesa di alterare una formula che funziona da decenni.
(Enrico MEDOACUS) Voto: 8/10