(Century Media) L’album che inizia in modo davvero piacevole, tanto che personalmente credo che il primo quarto d’ora, ovvero le iniziali “The Loss of Fury”, “Bring the War Home”, “Passage of the Crane” e “They Shall Not Pass”, siano forse tra le cose migliori fatte dai Heaven Shall Burn. Il resto di “Wanderer” però passa tranquillamente tra il già sentito e il prevedibile. Va comunque scritto che il primo album della band teutone è del 1998 e ne sono poi seguiti sette in totale: otto album penso proprio che abbiano detto tutto quello che poteva dire la band. Dunque nessuna grande novità e infatti la canzone “Corium” rappresenta almeno venti anni di melodic death metal alla svedese! Il resto va a grandi tratti verso ciò, oppure si perde in qualche schemino metalcore, che in certa misura anche gli stessi Heaven Shall Burn hanno contribuito a creare. La chiusura affidata a “The Cry of Mankind” guadagna anch’essa un posto d’onore, questa cover dei My Dying Bride è sicuramente tra le cose meglio riuscite di “Wanderer”. Tuttavia ai tedeschi va il merito di avere scritto dei testi che sanno veramente incatenarsi a questo sound estremo e melodico insieme, ma anche cupo, grigio. La complessità della vita di oggi è al centro delle liriche, ne diventa filosofia suprema. La band consiglia di ritirarsi in se stessi (come se già non accadesse) e di assumere così una prospettiva nuova del mondo che ci circonda. Vi sono altre tematiche, come quella di “A River of Crimson” dedicata alla lotta di un proprio amico contro la leucemia. Ecco che gli Heaven Shall Burn costruiscono un album che al di là di ogni tipo di canzone energica, ritmata e d’assalto, mira appunto a dare un’idea, un filo conduttore che narri all’ascoltatore storie e musica. Markus Bischoff ha molto spazio per la sua voce, inserimenti continui. Buoni gli assoli, forse l’elemento distintivo in molti frangenti dell’album, come anche alcune armonizzazioni e polifonie.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10