(Napalm/Audioglobe) L’ondata storico-realista che ha investito il pagan metal mettendo da parte le atmosfere e i temi fantastici ha coinvolto del tutto anche gli Heidevolk, che per i loro quarto album ci narrano dei Batavi, popolazione germanica anticamente stanziata nei Paesi Bassi, una delle prime che osò ribellarsi all’impero romano. Seguo la band dagli inizi, ancora prima che la Napalm ristampasse lo splendido “De Strijdlust Is Geboren”, e devo dire che gli olandesi costituiscono un unicum nella scena folk europea: due singer che cantano entrambi in clean, un lavoro chitarristico genuinamente etnico che si unisce a una ritmica a tratti estrema costituiscono il trademark immediatamente riconoscibile della loro musica. “Een nieuw Begin” riprende sostanzialmente dove ci aveva lasciato “Uit oude Grond”: la formula è ormai consolidata e gli Heidevolk la sviluppano con maestria ma anche con qualche piccola innovazione, perché i nuovi brani sono un po’ più cupi e serrati. “De Toekomst lonkt” prende un brano di heavy metal classico che potrebbe essere degli Hammerfall e lo ‘paganizza’, per un risultato finale coinvolgente al massimo! Ritmiche in blast beats e chitarre dalla struttura black (ma dal suono pulito) in “Het Verbond met Rome”, mentre se volete un epos più puro potete ricorrere a “Wapenbroeders”. Breve intermezzo strumentale è “Veleda”, che in soli due minuti e trenta secondi evoca la purezza e la fierezza dell’originario spirito pagano in cui gli Heidevolk credono fermamente; con “Einde der Zege” abbiamo un pezzo che gli Ensiferum o i Turisas avrebbero scritto volentieri (per arrangiarlo, naturalmente, alla loro maniera). “Batavi” sfiora appena i 40 minuti ma vale certamente il prezzo del biglietto!
(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10