(Horror Pain Gore Death Prod.) Un pentacolo capovolto, le fiamme e un teschio. Copertina non originale e per della musica che lo è ancora di meno. Non sto scrivendo che questo debut album degli Helgardh sia pessimo, ma permettetemi di scrivere che il black metal made in USA (la band è della West Virginia) non ha lo stesso blasone della produzione death metal alla quale si dedicano da quelle parti da molti decenni. Spesso mi è capitato di sentire cose dei blacksters a stelle e strisce come il surrogato delle grandi correnti di stile del black europeo (scuola europea o norvegese o scandinava che si voglia) ed anche “The Black Flame Descent” soffre di tale discendenza e mette in mostra una serie di pezzi abbastanza gradevoli, ma allo stesso tempo non credoreggeranno al tempo. Potranno, gli Helgardh, accaparrarsi la simpatia e preferenza degli ascoltatori con quelle melodie spesso dai toni pagan (in particolare per l’andatura di un brano come “Angeli Cruciatus (May Angels Come)”, nel quale spunta anche una voce femminile), oppure l’interesse per quei passaggi spesso in mid-tempo o che sembrano più sul blackened. Forse impressioneranno qualcuno per dei solo di chitarra di un certo effetto. Qualcosa di buono, insomma, la band americana in questione l’ha sicuramente nelle proprie intenzioni, ma allo stesso tempo se il vostro orecchio è ben allenato alla turpitudine di queste sonorità, allora non avrete troppi motivi per adorare un album che di cattiveria, freddezza, senso spietato dell’estremo è portato ad un livello più o meno standard e nulla più. Già i primi tre brani sono 19’che sembrano offrire di proprio tutto il potenziale deglio Helgardh e dunque la loro vena, il loro marchio. A quel punto restano altri 32’ circa di cose che non impressionano più del dovuto.
(Alberto Vitale) Voto: 6/10