(High Roller Records) Che Mark Shelton sia inarrestabile è noto a tutti: e così, a circa un anno di distanza dall’ultimo disco dei Manilla Road, lo troviamo impegnato in questo side project di ispirazione lovercraftiana che… è praticamente un disco dei Manilla Road, per il sound e la presenza di pressoché tutti i membri della band madre! Misteri di un enigmatico artista che ancora una volta sceglie per le proprie creature una produzione minimale e volutamente confusa e underground. Dopo l’intro d’organo, “The strange Case of dr. Henry Howard Holmes” ha il sound spigoloso di “Voyager” più che quello thrasheggiante di “Playground of the Damned”: inquietante il sottofondo di tastiera, che offre un tocco vagamente horrorifico. “Keepers of the Devil’s Inn” parte in modo sommesso ma poi si rivela un macigno, con la chitarra di Shelton che macina un assolo sporco e cupo. Bello il refrain in “Deadly Nightshade”, brano originariamente pensato per l’inclusione in “Playground of the Damned”, ma la chitarra è così zanzarosa da rendere sofferto l’ascolto. Quasi inattese le aperture melodiche di “Tomb of the unnamed One”; giungiamo così ai quasi 14 minuti di “End of Days”, che passa dalle iniziali movenze orientali a lunghi passaggi doomeggianti, per concludersi con un acido assolo 100% Mark Shelton. Niente di davvero eccezionale ma i fan apprezzeranno sicuramente.
(Renato de Filippis) Voto: 7/10