(Stygian Crypt) Finora un solo album solista all’attivo, ma una miriade di collaborazioni in ambito folk e una voce (nonché uno stile canoro) assolutamente inconfondibile: a quasi dieci anni di distanza da “Shield Brothers of Valhalla”, la greca Hildr Valkyrie torna con un disco ancora dedicato (e non ci si poteva attendere il contrario!) ai miti norreni. Si tratta certamente di un album che si ama o si odia dopo dieci secondi: se, come accade per me, la voce cantilenante e sciamanica della singer vi attrae, allora gradirete moltissimo le sue litanie pagane; se non la sopportate, chiudete subito e passate ad altro. La intro abbassa le luci e ci porta subito sui territori folk/ambient del debut: l’unico paragone che mi viene in mente sono gli ungheresi The Moon and the Nightspirit. Ritmica ed epica “We are Heatens”, mentre “Final Blot” indulge a sonorità extreme che potrebbero ricordare i vecchi Finntroll. Oscura “My Oath”, mentre “An Ode to all Father Odhinn” sarebbe il brano più mistico e rotondo, se non fosse la batteria campionata stile anni ’80 un po’ fuori luogo. Synth e ascesi quasi new age in “Bringer of Life, Bearer of Fire”, poi “Summoning the heathen Fire” riprende (forse un po’ troppo prolissamente) i soliti schemi prima della processione finale “March to the Path for Walhall”. Certamente qualcosa che non assomiglia a nient’altro nell’attuale panorama folk/viking: provare per credere!
(René Urkus) Voto: 7,5/10