(Scarlet Records) Una vita, trent’anni a rincorrere un sogno. Trent’anni come front man di una band di successo, ma appartenente ad un genere troppo settoriale, un genere con una troppo breve parentesi di gloria negli anni ’90, prima di uscire dall’attenzione delle masse e pure dalle frequenze FM. Poi un bel giorno ti svegli, mandi tutto a fare in culo e ti reinventi con qualcosa di intramontabile, un qualcosa che ha avuto un mostruoso successo ben prima della nascita della tua precedente band. Ti metti a fare cose già fatte? Fai cover? Scopiazzi dall’infinità di fonti di ispirazione attingendo dalla produzione musicale degli anni ’80? No, diavolo, non è da te… quindi riscrivi le regole, prendi il meglio di quegli anni, prendi le vibrazioni che lanciavano brani e band in alto nelle classifiche, ci metti del tuo, ti allei (nuovamente) con musicisti favolosi, fai disegnare una copertina superlativa e, semplicemente, decidi di rinascere… ancora una volta! Ecco, Terence, è questo che hai combinato con questo tuo nuovo progetto, solista solo nel nome, una nuova vera band che secondo me non ti fa dormire la notte: quanti cazzo di dischi avresti venduto con questa roba negli anni ’80? Quali altri ‘benefici’ da vera rock star avresti avuto? Nemmeno la tua lunga e bella carriera nel progressive heavy metal ti ha mai mostrato cosa “Reborn” avrebbe potuto donarti in quel decennio supersonico, non puoi nemmeno immaginare a che livelli un disco del genere ti avrebbe elevato! Fa impazzire “Do You Believe”: un ritmo pulsante, quella linea di basso maledettamente anni ’80, quel synth che gioca, quelle parole tanto malinconiche quanto lascive. Esplosiva ed iper melodica “I Don’t Want”… ci senti i Toto, i Boston, i primi Bon Jovi, i Firehouse del primo disco, mentre è elettrizzante ed impetuosa “Music is the One”, seguita dalla provocante “Into Me Forever”. L’immancabile strappa mutandine si intitola “Those Eyes”: lo conferma la melodia, lo conferma il testo. A questo punto, quando già sembra che gli altri brani saranno materiale in linea con le hit anni ’80, ecco che si viene assaliti dal groove funky, con quella divagazione boogie, della meravigliosa “Falling Apart”. Rock classico con “Wrong Words” e “Don’t Walk Away”, arrivano pulsazioni da arena da “Invisible Man”, anche se aleggia un’oscurità di fondo. Introspettiva e poetica “How Long”, pungente l’elettronica sull’imprevedibile “Without You”, emozionale “Within Me”, prima della conclusiva e struggente “Yulia”. Come dicevo, Terence, non puoi nemmeno supporre cosa “Reborn” ti avrebbe dato nel 1984; però ormai siamo nel 2024, ci sono un sacco di grattacapi, la vita è un casino, c’è quella roba chiamata streaming, ogni tuo diritto (e dovere) passa per un server dati, stiamo invecchiando… ma il genere musicale marcatamente degli anni ’80 continua a prolificare, a vendere, ad alimentare nostalgia. Tu, allora, ci tiri addosso un disco che parla di… donne, donne nel tuo letto, donne dei tuoi sogni o dei tuoi incubi, donne che ti hanno dannato, che ti hanno regalato immondi piaceri, parli di donne che fanno battere il cuore al ventenne alla conquista del mondo… e lo fai con l’esperienza e la coscienza di una vita vissuta. Infine, diciamocelo, tu parli di musica, dichiari fedeltà alla musica, forse il vero amore della tua vita, della mia vita visto che sto scrivendo queste parole, delle vite di tutti voi che state leggendo queste divagazioni mentre ascoltate “Reborn” a tutto volume!
(Luca Zakk) Voto: 10/10