(Autoproduzione) Ogni MetalHead che si rispetti ha il dovere morale di sondare l’underground: facebook e myspace ci hanno incredibilmente facilitato il compito, e sapere che lì da qualche parte, fra le tonnellate di demo autoprodotti in 300 copie e registrati in cantina, si nascondono i nuovi Judas Priest, è per me uno sprone fortissimo a continuare l’eterna ricerca. Una settimana, magari anche un mese, non trovi niente di interessante; un’altra volta ti fai mandare a casa l’ep di quattro ragazzi sloveni che un anno dopo pubblicano il debut per una grande etichetta, e ti fa piacere pensare di averli ‘scoperti’ per primo; oppure, meglio ancora, un amico ti segnala che esistono gli Hundred, e capisci che vale la pena dedicare tanto del tuo tempo libero alla musica. Mezzora di heavy metal che ti riconcilia con il mondo: registrata con mezzi di fortuna, “The Riders of Ardenland” ha un potenziale pazzesco, perché poche band come gli Hundred hanno capito così bene quale fosse lo spirito originario degli eighties, e sono riusciti a riproporlo in musica in modo così spontaneo, ortodosso ma non scolastico, potente ma sempre senza strafare. Questa piccola summa di metallo inglese degli ultimi trent’anni, e di rock sempre inglese degli ultimi quaranta, inizia con “March of the Grand Host” e i suoi fraseggi a metà fra la classica NWOBHM e gli Uriah Heep; dopo la maideniana “Charge into Glory”, “The Battle of Kings” vira decisamente sullo speed. “Will to survive” è una cavalcata di dirompente epicità, ma è superata dalla potenza di “The Riders are coming”, che ritorna allo speed più ancestrale. Chiudiamo quindi con “Life continues”, in cui l’intera band si reinventa come fosse un bardo degli antichi anglosassoni che narra di storie dimenticate. Poche storie: scrivete alla band e fatevi mandare questo demo, capirete, se non l’heavy metal, cosa significa suonare heavy metal nel 2013.
(Renato de Filippis) Voto: 8/10