(Edged Circle Productions) Bene, ragazzi. Prima recensione per il sottoscritto. Magari è un tantino puerile, ma mi sento emozionato. Si, emozionato, perché comunque sai che nel tuo piccolo stai per contribuire a una passione che di sicuro accomuna chi scrive a chi legge queste poche righe. Passione vera, sincera e semplice, per le cose più semplici, come la vita di tutti i giorni. Ma semplice non è sinonimo di facile. Alzarsi la mattina e affrontare il mondo non è mai facile, richiede dedizione e impegno. Perciò bando alle ciance, il tempo di rabboccarsi le maniche e via a parlare degli Infernal Manes. Innanzi tutto non lasciatevi fuorviare dal Monicker. D’accordo, i caratteri della scritta pagano dazio alla Norvegia, patria dei nostri. La copertina potrebbe infatti far venire in mente gli Immortal, ma le influenze scandinave si fermano decisamente qui. Si perché possiamo dire con tranquillità che il combo in questione sarebbe potuto nascere tranquillamente nei sobborghi di Londra. E il motivo vi sarà presto chiaro… Formatisi nella metà degli anni 90, non si può certo dire che questi ragazzi non abbiano fatto la gavetta. Il primo demo registrato in modo professionale si ha solo nel 2004, ma dobbiamo aspettare altri dieci anni perché veda finalmente la luce tramite la Edged Circle Productions in cd… No, aspettate un attimo… in vinile!!! Beh, io sono un nostalgico, e lo devono essere anche gli Infernal Manes. Non posso quindi fare altro se non apprezzare questo azzardo. Di sicuro la scelta di pubblicare una produzione del ventunesimo secolo solo in 33 giri è oltremodo coraggiosa, ma evidentemente la coerenza viene prima di molti altri fattori per questo gruppo. E ora veniamo a quello che realmente conta, vale a dire la musica. Andiamo diretti al sodo: questo album è fottutamente, genuinamente, anacronisticamente anni ’80. Senza tanti fronzoli, siamo di fronte ad un tributo alla NWOBHM. Evidentemente questi ragazzi sono cresciuti con i poster di Iron, Judas Priest e Mercyful Fate attaccati alle pareti della camera. Lo senti fin dall’intro dell’album: “Symphony of War” una traccia che apre con suoni di battaglia, di guerra campale, di cavalli imbizzarriti che corrono tra le deflagrazioni del terreno dissestato. I suoni e la struttura ricordano i Sacred Steel di Iron Blessing, con chitarre potenti e graffianti e una sezione ritmica che scandisce tempi rigorosamente pari. La voce è giovane, fresca, piena si semplice passione. In una parola, è rock. La title track paga il proprio tributo ai Virgin Steele di metà carriera, con un assolo a tratti incerto che poi decolla durante il lungo brano. “Mind Destructor” ricorda i tedeschi Metal Inquisition. Forse la traccia più debole del lotto, che però riprende piglio nella parte finale, dove non si può non riconoscere una cavalcata in pieno stile maideniano. Con “True Force of Power” si vanno a scomodare inizialmente i Judas Priest per poi deviare nel più classico dei Power Metal. In questa traccia si nota una certa versatilità del cantante (anche se, visto il genere proposto, non aspettatevi nulla di veramente nuovo o inedito). Si vira leggermente verso i territori dell’Hard Rock con “Battle of Souls”, traccia immediata, che chiude in positivo la proposta musicale degli Infernal Manes. C’è pure spazio per una cover di “Come to the Sabbath” dei Mercyful Fate, eseguita pedissequamente rispetto all’originale. Gli Infernal Manes non aggiungono ovviamente nulla a quanto stabilito a livello musicale negli anni ottanta e magari fa sorridere ascoltare certe scelte stilistiche. Ma non si deve dimenticare che la musica che ascoltiamo è nata così, con le prove in cantina, le registrazioni in presa diretta e i demo in cassetta. Niente di più. E qui troverete “solo” sano e sincero Heavy Metal, senza ulteriori orpelli. Nel flyer promozionale si fa sapere che il cantante ha mollato dopo la registrazione del demo qui proposto e che il gruppo è sotto con le registrazioni della prima vera e propria release sulla lunga distanza, ma possiamo dire fin da ora, senza alcun dubbio che se cercate metallo, quello vero, quello degli spadoni da battaglia, quello resistente e inossidabile di cui è fatta l’armatura di ognuno di noi, guerrieri della vita quotidiana, beh, date un’ascoltata a questo vinile. Perché certe volte uno sguardo indietro vi aiuta a guardare avanti.
(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 7/10